Fino al 30 gennaio 2022 nelle sale del settecentesco Palazzo
Samone di CUNEO la mostra dedicata al sorprendente universo
delle fragranze: un itinerario attraverso il tempo e le spazio che
inizia dall’Antico Egitto e arriva fino a oggi, scandito da incursioni
trasversali nei mondi dell’arte e della moda, dell’archeologia, della
botanica e della storia delle religioni. A dimostrazione che il
profumo non ha davvero confini.
Nell’atelier del profumiere
Le VIE del PROFUMO è stata allestita in collaborazione con l’associazione Pro Natura Cuneo, a cura di Silvana Cincotti, egittologa e storica dell’arte, impegnata da anni nello studio della storia dell’olfatto.
< L’odore buono è stato considerato per secoli la manifestazione del divino, e la sua presenza sugli altari e nei templi permetteva agli uomini di entrare in contatto con gli dei … L’olfatto si pone poi, per sua natura, come il più irresistibile dei sensi perché è intimamente connesso al respiro, e le sostanze profumate, siano esse fragranze di fiori, frutta, cortecce, piante, resine o spezie, emulano i piacevoli odori della natura ed evocano in questo il senso stesso della vita>
In mostra
FIALE PISSIDI INCENSIERI ALAMBICCHI
VASI da FARMACIA FLACONI d’autore
e opere di numerosi artisti che hanno reinterpretato l’universo del profumo.
Odore. Atto creativo - Raffaella BRUSAGLINO
Il VIAGGIO OLFATTIVO parte dall’Antico Egitto (dove spezie e resine venivano usate per l’imbalsamazione e per i riti funebri) e passa per la ROMA Antica dove unguenti profumati, ricavati da petali di fiori, spezie o altri elementi naturali, provenienti soprattutto dall’Oriente e dai paesi dell’antica Grecia, venivano impiegati per curare malattie, scongiurare epidemie oppure a scopi religiosi. Ce lo suggerisce il termine latino stesso da cui deriva la parola profumo: “per fumum” cioè attraverso il fumo.
INCENSI e INCENSIERI
Secondo antichissime usanze infatti gli unguenti profumati venivano gettati sui bracieri dai sacerdoti per creare una lingua di fumo profumata che saliva al cielo, fino a raggiungere gli Dei. I Romani, ma anche altri popoli antichi, come Egizi ed Etruschi, ossequiavano così gli Dei per chiederne benevolenza.
Un sacerdote romano impegnato nell’uso del braciere per un rito religioso (dipinto di John William Waterhouse)
Dall’Egitto all’Antica Roma gli unguenti profumati venivano utilizzati anche per le purificazioni del corpo. In quel periodo infatti non era ancora conosciuto l’uso del sapone per l’igiene personale, e l’alta borghesia romana, i Patrizi, usavano detergere il corpo con un impasto di argilla mista a olio, che asportavano poi con uno strumento in metallo a forma di uncino piatto, chiamato “strigile”. Questo tipo di purificazioni potevano avvenire anche in casa o nelle palestre dell’epoca. Ma è proprio nelle terme, all’interno di appositi spazi chiamati Unctorium, che i Patrizi amavano farsi massaggiare con unguenti e olii profumati. Anche nell’acqua delle terme molto spesso venivano mischiati olii o, addirittura, vino.
Tra gli aneddoti storici che riguardano i profumi è noto quello di Cesare, che usava avvolgersi nelle note profumate del Telinum, un unguento oleoso ricavato da fieno greco, maggiorana e meliloto.
Le donne romane oltre a spalmarlo sul corpo, usavano il profumo per ornare i capelli. Anche questa tradizione sembra arrivare dalla Grecia e dall’Egitto. Le donne Egizie o Etrusche impastavano erbe o fiori, particolarmente odorosi, con del grasso o della cera d’api formando dei piccoli coni da introdurre nelle acconciature dei capelli. Una volta esposti al sole i coni si scioglievano emanando effluvi profumati.
Affresco di donna con profumo a Villa Farnesina, Roma
Nell’ ANTICA ROMA le materie prime più diffuse, facili da reperire, provenienti dalle dominazioni, erano: la rosa, il melograno, la lavanda, la mela cotogna, l’uva, il rosmarino o il basilico. Le materie prime più pregiate, invece, erano la cannella, la mirra, l’opobalsamo (cioè il classico incenso). Infine, resine e radici.
Il profumo alla corte di Costantinopoli
L’imperatrice Zoe Porfirogenita nacque a Costantinopoli nel 978 d.C., quando suo padre Costantino era ancora coreggente dell’impero insieme al fratello Basilio II. Alla morte di Basilio, nel 1025, Zoe aveva 47 anni e suo padre salì al trono come Costantino VIII: con la scomparsa del padre, la corona imperiale toccò a lei.
Il termine porfirogenita indica la discendenza da famiglia imperiale, in quanto nata nella sala rivestita di porfido, collocata all’interno del Palazzo costantinopolitano del Boukoleon, affacciato sul mare e dotato di un proprio porto.
Secondo le cronache dell’epoca, Zoe aveva riconvertito alcune sale del palazzo imperiale in laboratori per la produzione di profumi e unguenti, che l’avrebbero aiutata a conservare un volto bello e luminoso fin oltre i sessant’anni.
L’opera della ceramista aviglianese Giuliana CUSINO affianca all’immagine dell’imperatrice Zoe due pannelli di natura che ricalcano l’assenza di spazio tipica del mosaico bizantino, dove manca la prospettiva e i fiori possono crescere su un immaginario tappeto erboso vicino alle chiome degli alberi.
Nel MEDIOEVO guerre e epidemie fortunatamente non bloccano la scienza e la cultura grazie alla fitta rete di scambi commerciali con l'Oriente, in particolar modo con gli Arabi. I soldati importano dall'Oriente aromi e spezie nuove e ritorna la consuetudine di profumarsi che era andata perduta dopo la caduta dell'Impero Romano. Inoltre, l'uso di bruciare l'incenso si diffonde anche nel privato.
Donne e uomini hanno l'abitudine di bagnarsi in acque aromatizzate con erbe e profumi. Consuetudine del tempo era mangiare con le mani e dunque, durante i pasti, ai commensali vengono portate delle bacinelle con acqua profumata affinché possano lavarsi le mani. Tra le donne nobili o ricche si diffonde l'uso di profumi alla violetta, ai fiori d'arancio e lavanda. Le donne più eleganti dell'epoca hanno l'usanza di nascondere sotto le vesti o nella biancheria sacchetti profumati.
A partire dal 1346 con il diffondersi della peste in Europa si purificano le case bruciando alloro e rosmarino nei camini.
A partire dal Medioevo e nei secoli successivi le materie prime usate per la preparazione di MEDICAMENTI e PROFUMI vengono conservate in grandi contenitori di ceramica, di cui resta ancora traccia nelle più antiche farmacie.
Nelle spezierie medievali, accanto ai vasi di ceramica, venivano solitamente adoperati anche recipienti di ferro, di stagno e di piombo. A partire dal XIII secolo i vasi in ceramica sostituiscono completamente i recipienti fabbricati con altro materiale, fatta eccezione per le scatole di legno destinate a contenere i medicamenti semplici.
Con la fine del Medioevo le abitudini cambiano e nel RINASCIMENTO progredisce l'arte della profumeria.
Spagnoli e Italiani i grandi PROFUMIERI del Rinascimento
Nel Rinascimento - l'età del cambiamento - si assiste tra l’altro alla diffusione di molte opere scritte in italiano e francese che diffondono "ricette" di acque profumate per il corpo, le case e i vestiti. In questo periodo cambia anche la composizione dei profumi: se prima si utilizzavano solo aromi e spezie vegetali ora vengono introdotte materie prime animali ricercate per il loro potere afrodisiaco.
Con Cristoforo Colombo ritornano le spezie come vaniglia, coppale, balsamo del Perù e cacao. Con la scoperta delle Indie Vasco de Gama porta in Europa cannella, pepe, zenzero, chiodi di garofano. Italiani e Spagnoli diventano così i grandi profumieri del Rinascimento. Gli Spagnoli ereditano l'arte dei profumi dagli Arabi mentre gli Italiani approfittano della ricca borghesia e dell'aristocrazia che hanno in comune l'amore sfrenato per i profumi. La nobiltà stessa produce acque aromatiche ed essenze.
Molti profumieri italiani si trasferiscono in Francia dove trovano il successo grazie a Caterina de' Medici che per il suo matrimonio con il futuro re Enrico II porta con sé il suo profumiere di fiducia René le Florentin che apre la sua bottega sul Pont au Change e diviene famoso per i suoi profumi aprendo così la strada ai suoi colleghi italiani.
La moda del profumo si espande talmente tanto da invadere anche il mondo dei pellami. Già in Francia, a Grasse, assistiamo alla profumazione di cinture, guanti e scarpe. Anche le pelli di Sicilia, di Sardegna o di Spagna sono conciate e profumate.
Inoltre, i medici credono che le materie odorose vegetali e animali siano un eccellente rimedio contro malattie e infezioni. Cambiano anche le abitudini di lavare il corpo in quanto si crede che le infezioni vengono trasmesse attraverso l'acqua. Così ci si lava a "secco" e si strofina la pelle con panni imbevuti di essenze e spezie profumate a base alcolica per togliere i cattivi odori.
Il VIAGGIO prosegue nel Seicento (l’età più maleodorante della Storia) e arriva fino all’Ottocento e al Novecento, secoli in cui fecero il loro debutto le grandi Maison del profumo.
Toeletta con Specchio – il Paradiso delle Signore
All’inizio nel Seicento in Europa cominciò a diffondersi una nuova figura professionale, quella del maestro guantaio e profumiere, attività che divenne particolarmente fiorente nell’area di Grasse, dove abbondavano le coltivazioni di gelsomino, rosa centifolia e tuberosa e che è tuttora una delle capitali mondiali del profumo.
GUERLAIN, una famiglia di “nasi”
Il fondatore della celebre maison di fragranze parigine fu Pierre François Pascal Guerlain (1798-1864) che decise, nel 1817, di lasciare la famiglia d’origine per seguire il suo sogno: creare profumi. Fra i suoi evergreen, spesso confezionati in flaconi di cristallo di Baccarat, si ricordano per esempio l’Eau de Cologne Imperiale, dedicata all’Imperatrice Eugenia, consorte di Napoleone III.
Alla morte di Pierre, il figlio Aimé prese come apprendista il nipote Jacques Guerlain, che diventerà ben presto uno straordinario “naso” e creatore di fragranze d’autore: il suo primo capolavoro – L’heure bleue – fu messo a punto nel 1912 e distilla la passione di Jacques per l’impressionismo.
Risale al 1919 l’indimenticabile Mitsouko seguito, nel 1921, dal tuttora iconico Shalimar (dal nome dei giardini costruiti nel 1641 per volere del Gran Mogol Shah Jahan a Lahore, in Pakistan, in omaggio alla principessa Mumtāz Maḥa, per la quale fu costruito il Taj Mahal) che nella formula a base di bergamotto, rosa, iris, vaniglia e fava tonka, definisce per la prima volta la matrice della famiglia orientale.
COTY, il maestro dei maestri
Joseph Marie François Spoturno è il vero nome di François Coty, nato nel 1874 ad Ajaccio da una famiglia di origini liguri.
Coty divenne celebre a livello internazionale grazie ad alcuni jus storici ma anche perché fu il primo a vendere i suoi prodotti in appositi “corner” creati nei primi grandi magazzini di Parigi.
Ancora sconosciuto, Coty tentò di commercializzare La Rose Jacqueminot (formula per la quale utilizza prodotti sintetici studiati a Grasse, denominati rhodinal e ionone), senza tuttavia incontrare il favore dei direttori commerciali.
Si narra che, deluso da questa diffidenza, un giorno ai Grandi Magazzini del Louvre, Coty avrebbe lanciato con rabbia a terra uno dei flaconi di La Rose Jacqueminot . Il profumo diffuso nell’aria colpì le molte signore presenti … fu l’inizio (casuale) di un grande successo !!
A Coty si deve anche la codificazione della famiglia olfattiva “cipriata”, che prende nome dal suo celeberrimo profumo Cypre: le note cipriate si ispirano al mix di polveri d’amido, muschio di quercia, zibetto, ambra grigia, rizoma di cipero dolce (dal sentore di violetta), rizoma di iris e talvolta labdano, usate già nel XVI secolo per creare polveri per capelli, per profumarli, disinfettarli e renderli più corposi, e definite appunto polveri di Cipro.
DIOR, l’impalpabile fascino del New Look
Per la creazione del suo primo, straordinario profumo – Miss Dior – Christian Dior si era ispirato ai giardini della casa di Granville, in Normandia, dov’era nato e cresciuto, figlio di una famiglia benestante che produceva sostanze chimiche e fertilizzanti.
L’idea del quell’eau, maturata quasi per “rivestire” di buono le donne che rialzavano la testa dopo gli anni bui della guerra, va di pari passo con la nascita del suo New Look: uno stile ispirato alla leggerezza e alla femminilità, che verrà lanciato ufficialmente il 12 febbraio 1947 nella sede della Maison, in Avenue Montaigne a Parigi. Inondata per l’occasione da litri di Miss Dior.
Quel profumo sofisticato e senza tempo, ancora oggi in produzione e racchiuso in un flacone dalla silhouette quasi sartoriale, arpeggiava su sfumature di cuoio e galbano, create per Dior dai nasi Paul Vacher e Jean Carles, alternate a note di mandarino, gardenia e bergamotto (testa); gelsomino, narciso, neroli e rosa (cuore); patchouli, quercia e legno di sandalo (fondo).
Nel corso del tempo, la Maison Dior porterà alla ribalta altri successi: come Diorissimo (1953), creato dal naso Edmond Roudnitska su una base di mughetto, e Poison (1985), il cui concept prende spunto da una frase dello scrittore Paul Valéry: “Il profumo è il veleno del cuore”.
CHANEL, la signora delle aldeidi
Per secoli il profumo è stato legato alle sostanze naturali dalle quali veniva di volta in volta estratto, ma è con Coty e soprattutto con Chanel che inizia a farsi più astratto ed evocativo. E, grazie alle innovazioni della ricerca chimica del Novecento, comincia ad abbracciare le infinite possibilità creative degli ingredienti di sintesi.
Il profumiere Ernest Beaux, quando incontrò Gabrielle Chanel detta Coco aveva già firmato diversi profumi di successo, fra cui la colonia Bouquet de Napoléon nel 1912 e il Bouquet de Catherine, dedicata al 300° anniversario della dinastia dei Romanov.
Uomo curioso, carismatico, elegante e soprattutto audace, Beaux fu uno dei primi a sfruttare le nuove molecole provenienti dalla sintesi chimica: le aldeidi. Per Chanel creò un bouquet modernissimo per i tempi (siamo all’inizio degli anni Venti) mescolando ylang ylang, Rosa centifolia, neroli, gelsomino, oltre ai derivati artificiali che conferirono al profumo le inconfondibili sfaccettature metalliche, che ricordando l’odore del freddo, del vento del Nord e del bucato messo ad asciugare al sole.
Perché questo profumo diventò Chanel N°5 ? Coco, che era una fuoriclasse del marketing, posta di fronte a dieci varianti del profumo, numerate da Beaux da 1 a 5 e da 20 a 24, scelse la quinta fialetta. Il motivo? < Presento sempre le mie collezioni il quinto mese di maggio, il quinto mese dell’anno>, disse la couturière, < e quindi lasceremo che questo numero cinque mantenga il nome che ha già. Porterà fortuna>.
Nella boutique di Rue Cambon, Coco esigeva che il N°5 fosse spruzzato ogni giorno nei camerini, affinché le clienti ne memorizzassero la fragranza e lo collegassero allo stile della Maison.
L’età d’oro del profumo
Essenza - Raffaella BRUSAGLINO
La storia del profumo in Piemonte
< Da centinaia di anni gli abitanti delle valli piemontesi si erano dotati di rudimentali distillatori con cui estraevano gli oli essenziali da tante varietà di fiori, ottenendo profumi delicati e avvincenti > racconta Domenico Sanino, presidente di Pro Natura Cuneo, l’ente promotore della mostra che dal 1965 opera sia per proteggere la flora di montagna, sia per salvaguardare le tante piante autoctone usate per le loro proprietà medicamentose, ma anche per i legami profondi con il mondo sacro e con le tradizioni culturali. E dunque non a caso < questa mostra riserva un’attenzione specifica alle specie locali. Non bisogna infatti dimenticare che le popolazioni dell’arco alpino sapevano raccogliere con attenzione fiori, erbe, radici, frutti e bacche per farne infusi, liquori e distillati da usare anche per la cura del corpo: ne sono un esempio le erbe sacre o erbe di San Giovanni, legate da sempre alle tradizioni del solstizio d’estate, che meritano di essere rispettate, tramandate e riscoperte >
Alambicchi – opera di Ezio GRIBAUDO realizzata appositamente per la mostra
Profumo nell'aria
I metodi di estrazione e gli strumenti del profumiere
Tanti e diversi, nel corso della storia, sono stati i metodi impiegati per estrarre le essenze profumate dalle materie prime d’origine vegetale e animale: i più comuni sono l’enfleurage, la spremitura e la distillazione a vapore.
Con la tecnica dell’enfleurage, utilizzata soprattutto per estrarre il profumo dai fiori, petali e corolle vengono depositati su del grasso purificato che ne assorbe il profumo. I fiori vengono sostituiti quando perdono colore e il processo può proseguire per varie settimane, finché il grasso non sarà saturo di essenza. A quel punto, sarà diluito in alcool per separare l’olio essenziale.
La spremitura a freddo è il metodo indicato per estrarre le fragranze dalle scorze degli agrumi, che vengono ammollate in acqua e poi pressate: alla fine dell’operazione, si raccoglie l’olio essenziale che resta a galleggiare sulla diluizione.
Risale al 1500 il Liber de arte distillandi de semplicibus, scritto da Hieronymus Brunschwig, autore tedesco che espone in modo molto dettagliato i differenti materiali e le tecniche di distillazione con corrente di vapore: acqua e fiori vengono posti in un’ampolla sopra il fuoco e portati a ebollizione; il vapore che si crea è saturo di molecole aromatiche e , mentre attraversa un sottile tubicino in vetro, si raffredda e lascia cadere l’olio in un apposito contenitore.
Hieronymus Brunschwig elenca ben 305 distillati vegetali e animali, dei quali precisa le diverse proprietà terapeutiche, testimoniando un’evoluzione delle preparazioni profumate e spiegando l’uso dell’alambicco in vetro.
Turandot - Giuliana CUSINO
beauty case dressing cases nécessaire de voyage
Oggi i beauty case sono considerati un accessorio principalmente femminile, ma pochi sanno che, almeno in Gran Bretagna, erano stati progettati per un uso esclusivamente maschile. Divennero di moda alla fine del XVIII secolo. Conosciuti come dressing cases erano dei contenitori realizzati con materiali e finiture di lusso, dotati di scomparti per accessori e prodotti di toeletta come acqua di colonia, crema da barba, pettini e strumenti per la manicure.
I Francesi, tuttavia, avevano già in uso il nécessaire de voyage che risale al XIV secolo. Questi contenitori da viaggio vennero realizzati per le necessità della corte. Erano suddivisi in più scomparti e furono progettati per trasportare di tutto, inclusi cancelleria, attrezzature per cucire e persino portacandele.
In mostra pezzi unici provenienti dalla collezione cuneese Oldofredi Tadini. Il conte Ercole prese parte attiva al processo risorgimentale e in particolare ai moti insurrezionali delle Cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848) ma cinque mesi dopo, con il ritorno degli austriaci a Milano, dovette riparare in Piemonte con la famiglia trovando ospitalità a Cuneo presso la sorella Maria, sposa del conte Luigi Mocchia. Continuò la sua attività politica anche nel Regno di Sardegna, divenendo presto un personaggio di rilievo, senatore del regno, segretario e collaboratore di Cavour.
In mostra il nécessaire de voyage della moglie Maria, figlia del marchese bergamasco Luigi Terzi e della principessa russa Elisaveta Galitzin.
Mimì Oldofredi Tadini (questo il suo nome da sposata) fu sempre in prima linea. Fu lei a cucire il Tricolore che sventolò sul campanile di San Babila. E fu lei ad aiutare Cavour a tessere relazioni diplomatiche con gli ambasciatori russi durante il Congresso di Parigi. E fu sempre lei ad accudire insieme ad altre decine di donne i feriti nella sanguinosa battaglia di Solferino ispirando l’ideatore della Croce Rossa e diventando di fatto una delle antesignane delle crocerossine italiane.
Gli unguenti della Sacra Sindone
La mostra di Cuneo ospita una sezione unica del suo genere, dedicata alle sostanze aromatiche rinvenute sulla Sindone e alle immagini originali del sacro sudario, che oggi fanno parte della Collezione Sanino.
Fu Gerolamo Oldofredi Tadini, patrizio bresciano con casa e terreni a Cuneo, gentiluomo di corte della Regina Margherita e diplomatico per conto del Re Umberto I, che dal 25 maggio al 2 giugno del 1898 presiedette, su incarico del Sovrano, alla Ostensione della Sacra Sindone che si tenne nel Duomo di Torino.
Al termine dell’Ostensione, prima che Sindone fosse riposta nella sua teca, Oldofredi poté prendere le misure dell’Uomo che aveva lasciato la sua effige sul lino e, anche forte dello studio delle teorie “vaporografiche” del francese Paul Vignon, si convinse che l’immagine potesse essere il risultato di particolari reazioni chimiche prodotte sul tessuto dagli aromi usati, secondo le usanze ebraiche, per cospargere il corpo dei defunti.
Tra questi profumi ci sarebbero stati l’aloe (Aloe vera), la mirra (Commiphora molmol) e, probabilmente, l’olio di nardo (Nardostachys Jatamansi), molto usato in Egitto nei rituali legati alla sepoltura e noto in India per la sua azione pacificante e riequilibrante.
Oro, incenso e mirra
In una rassegna sui profumi, a maggior ragione se inaugurata il 6 gennaio, non poteva mancare un omaggio olfattivo ai doni di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre, i Re Magi che fanno visita a Gesù Bambino nei giorni successivi alla nascita dopo aver attraversato il deserto in groppa ai cammelli, guidati dalla scia della Stella Cometa.
Melchiorre depone accanto all’umile greppia l’oro, che di fatto non ha nulla a che fare con il mondo delle fragranze ma era usato a scopo rituale già dagli Egizi, che lo aggiungevano in polvere a bevande e cibi per suscitare il favore degli dei: il luminoso metallo giallo è comunque l’omaggio riservato ai sovrani, considerando che il Bambinello fin dalla nascita viene chiamato con l’epiteto di “Re dei Re”.
L’incenso, portato da Gaspare e bruciato durante tutte le cerimonie religiose, rappresenta invece il riconoscimento da parte dei Magi della natura divina di Gesù, mentre la mirra, che è un dono di Baldassarre, il magio dalla pelle scura, simboleggia l’umanità e la mortalità del Cristo: non a caso la resina ricavata dal tronco della Commiphora myrrha faceva parte dei cerimoniali legati al culto dei morti e nell’antico Egitto veniva impiegata per le pratiche di imbalsamazione, così da favorire la conservazione del defunto anche per la vita nell’aldilà.
Incenso dei Magi
Rif. articoli PROFUMO e "CHE NASO !! "– sez. Body Art
Reportage fotografico by Barbara CARICCHI
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