Dal PAN di ZENZERO al PANPEPATO, dal PANFORTE alle PINOCCATE …
I dolci tipici del Natale profumano di SPEZIE e MIELE e sono ricchi di FRUTTA SECCA e CANDITA …
Tipici del periodo natalizio gli OMINI PAN di ZENZERO spuntano sia sulle tavole imbandite, sia tra le decorazioni di alberi e vetrine …
I GINGERBREAD MEN, biscotti di frolla speziata dal colore bruno con l’aroma inconfondibile di zenzero e cannella, hanno radici nobiliari: è stata proprio la regina Elisabetta I d’Inghilterra a dare vita a queste creazioni durante uno dei suoi banchetti, famosi per le preparazioni elaborate ed eleganti.
Siamo nella seconda metà del Cinquecento, ancora in pieno Rinascimento inglese, un periodo particolarmente creativo per il Paese: è l’epoca di William Shakespeare, Edmund Spenser, Philip Sidney, Christopher Marlowe, e anche il tempo di rinfreschi e pasti sontuosi, sapori nuovi importati dalle Americhe come frutta, verdure e spezie.
La regina < incaricò i suoi pasticceri di preparare degli omini di pan di zenzero che rappresentassero i dignitari stranieri e le persone a corte > scrive Carole Levin nel volume Il regno di Elisabetta I.
E sempre nello stesso periodo gli OMINI PAN di ZENZERO furono preparati da streghe e maghi - i praticanti della medicina popolare - per le giovani donne affinché poterssero far innamorare i futuri sposi.
La citazione più celebre del dolcetto resta quella di Shakespeare nella commedia Love’s Labour’s Lost : < Se avessi un solo quattrino al mondo, te lo darei per comperarti pan di zenzero! >
Ebbe poi larga diffusione grazie alla storia di San Nicola pubblicata nel 1875 che narra le vicende di due anziani desiderosi tanto di avere un bambino. Per consolarsi, la coppia preparò un biscotto dalle sembianze umane che, una volta cotto, prese vita e scappò dal forno, rifugiandosi nelle fattorie del paese e mangiato infine da una volpe.
Dagli OMINI alle CASE
Col tempo la tradizione del pan di zenzero è stata condivisa da più Paesi, come Germania, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Francia, Stati Uniti, dove i biscotti hanno preso forme, decorazioni e colori diversi.
Iconica è anche la CASA di PAN di ZENZERO, nata nell’Ottocento in Germania dopo la pubblicazione delle fiabe dei fratelli Grimm, fra cui Hansel e Gretel, il celebre racconto in cui la strega attrae i bambini con la sua dolce casa di pan di zenzero e dolciumi.
Una tradizione che è arrivata ben presto anche in America, divenendo uno dei simboli del Natale per eccellenza, tanto che a Bryan, in Texas, si trova la CASA di PAN di ZENZERO più grande del mondo, oltre 2500 metri quadri con circa 35 milioni di calorie! Il record per il GINGERBREAD MAN più grande lo detiene invece l’Ikea di Oslo dal 2009, con un biscotto dal peso di 651 chilogrammi.
Liberamente tratto dal testo di Michela Becchi per Gambero Rosso
PANPEPATO e PANFORTE di Siena a base di mandorle
Nelle nostre tavole natalizie non può mancare il PANPEPATO, dolce della tradizione senese, oggi sempre più difficile da trovare nelle antiche ricette profumate di spezie molto apprezzate dal babbo.
Le SPEZIE erano tra i prodotti più lussuosi tra quelli disponibili durante il medioevo; le più comuni erano il pepe nero, la cannella (e la sua alternativa economica, la cassia), il cumino, la noce moscata, lo zenzero e i chiodi di garofano.
Il PANPEPATO è molto speziato e per questo considerato ricco anche in passato.
Dolci ricchi di pepe e miele vengono citati in una cronaca del 7 febbraio 1205: servi e coloni dovevano portarli in omaggio alle monache dell’Abbazia di Montecelso in provincia di Siena.
Il panpepato affonda le sue origini nella celebre battaglia di Montaperti combattuta pochi chilometri a sud-est di Siena il 4 settembre 1260, tra le truppe ghibelline capeggiate da SIENA e quelle guelfe capeggiate da FIRENZE.
La vittoria dei Senesi e dei loro alleati segnò il dominio della fazione ghibellina sulla Toscana, con ripercussioni anche sui precari equilibri del resto d’Italia e d’Europa, segnando di fatto il ruolo predominante della Repubblica di Siena sullo scenario politico ed economico dell’epoca.
Nella battaglia di Montaperti i fiorentini, stanchi per il lungo viaggio, si sarebbero rifocillati con normali viveri, scarsi di calorie. I soldati senesi, invece, avrebbero portato nelle tasche il PANPEPATO, dalla tipica forma rotondeggiante adatta al trasporto. Le risapute qualità energetiche di questo cibo, avrebbero trasmesso loro un tale vigore che i nemici, pur numericamente superiori, ne sarebbero rimasti atterriti dandosi alla fuga. Sarebbe nata, così, la storica vittoria.
Leggende a parte, i panpepati erano considerati dolci pregiati soprattutto per la presenza del pepe, merce rarissima e costosa, importato dall’Oriente. Si riteneva che avesse proprietà afrodisiache. La sua importanza era tale che veniva accettato ovunque come merce di scambio e addirittura al posto delle monete.
Fino al ’400 la fama del PANPEPATO senese non si diffonde al di là di un ristretto territorio. L’input a una maggiore diffusione fu dato dalla Via Francigena, grazie alla quale i prodotti tradizionali di Siena giunsero a Roma e presso le corti europee.
Era ancora un dolce a base di frutta secca e candita, miele e molte spezie, che continuava ad essere chiamato panpepato; il nome PANFORTE comparve più tardi, nell’Ottocento: forte alludeva all’intenso sapore speziato.
Solo nel 1879, in occasione della visita della regina Margherita a Siena per il Palio d’agosto, questo dolce fu realizzato senza canditi di melone (ma con canditi di arancia e cedro), con una minore carica di spezie e con una copertura di zucchero a velo, di qui il nome di PANFORTE BIANCO o panforte Margherita.
Parallelamente continuò la tradizione del panpepato o PANFORTE NERO, più piccante del panforte, grazie anche alla copertura, che non è lo zucchero a velo, ma il cosiddetto polverino o spolvero, una mistura di spezie.
Il BIANCO e il NERO : i colori delle due losanghe delle PINOCCATE di Perugia
PINOCCATE o PINOCCHIATE - Questo antico dolce perugino deve il suo nome ai pinocchi o pinoli che ne costituiscono l’ingrediente principale.
Il contrasto dei 2 colori, BIANCO e NERO, risale a remote tradizioni di origine orientale e trova riscontro nelle arti decorative del MEDIO EVO ( scudi, stendardi, costumi, stemmi, fazioni ).
Al gioco dei 2 colori si accompagna il gioco dei 2 sapori : aromatico e delicato per il BIANCO al limone, deciso e corposo per il NERO al cacao.
Anche la forma ci riporta al mondo medioevale e rinascimentale, 2 losanghe accostate a formare una delle 5 figure geometriche fondamentali di quell’epoca, l’ OTTAEDRO REGOLARE.
La presentazione tradizionale, avvolto in carta come una grossa caramella, ne rivela la natura originaria di “dolce da lancio” durante le finte battaglie tra cavalieri e dame in occasione delle fantastiche feste di quelle lontane epoche.
Il BIANCO e il NERO : i colori delle due fazioni dei GUELFI
I guelfi bianchi e i guelfi neri furono le due fazioni in cui si opposero, intorno alla fine del XIII secolo i guelfi di Pistoia prima e successivamente quelli di Firenze, divenuti il partito egemonico in città dopo la cacciata dei ghibellini. Le due fazioni lottavano per l’egemonia politica, e quindi economica, in città. A livello della situazione extracittadina, seppur entrambe sostenitrici del papa, erano opposte per carattere politico, ideologico ed economico.
I guelfi bianchi, favorevoli alla signoria, erano un gruppo di famiglie aperte alle forze popolari, perseguivano l’indipendenza politica ed erano fautori di una politica di maggior autonomia nei confronti del pontefice, rifiutandone l’ingerenza nel governo della città e nelle decisioni di varia natura.
I guelfi neri, invece, che rappresentavano soprattutto gli interessi delle famiglie più ricche di Firenze, erano strettamente legati al papa per interessi economici e ne ammettevano il pieno controllo negli affari interni di Firenze, incoraggiando anche l’espansione dell’autorità pontificia in tutta la Toscana.
La rivalità tra i guelfi bianchi e i guelfi neri fu al centro della vita sociale e politica, tra la fine del XIII secolo e il primo decennio del Trecento a Firenze, a Pistoia e in altre città della Toscana. Episodi storici legati ai contrasti nati all’interno del partito guelfo sono ampiamente trattati nella Divina Commedia, che proprio in quegli anni veniva scritta da Dante Alighieri.
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