CAPPELLETTI IN BRODO : il piatto principe del NATALE nella tradizione pievese in Umbria.

 

 

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PARMIGIANA di CARDI (GOBBI)  

 

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Questa PARMIGIANA invernale irrinunciabile nel nostro PRANZO DI NATALE pievese vede protagonista il CARDO (GOBBO) bianco, bello e carnoso!


                                                       AUGURI !!



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BROCCOLO ROMANESCO - varietà di CAVOLO BROCCOLO (Brassica oleracea var. italica). I broccoli rientrano nel gruppo di piante di cui non vengono mangiate le foglie bensì le infiorescenze non ancora mature.

Questo broccolo è conosciuto in tutta la campagna romana da tempo remoto. Nel 1834 Giuseppe Gioacchino BELLI, nel suo sonetto Er testamento der Pasqualino, cita un tale signor “Tozzetto”, ortolano così soprannominato perché coltivava e vendeva i broccoli romaneschi. E più tardi verranno citati anche dall’ ARTUSI.

 

FIBONACCI BROCCOLO


Il broccolo romanesco assomiglia ad un cavolfiore, ma è verde chiaro.

La forma è interessante perché mostra un aspetto frattale.

Infatti l'infiorescenza ha una forma piramidale e lungo una spirale la stessa forma piramidale viene ripetuta più in piccolo e così via per un certo numero di livelli (autosomiglianza).

 

Verdure e matematica: il BROCCOLO ROMANESCO e la

SUCCESSIONE DI FIBONACCI         (lacucinaitaliana.it)                   

 

Il BROCCOLO ROMANESCO, innanzitutto, è un frattale, ossia quello che in geometria si definisce un oggetto dotato di omotetia interna: la sua forma globale si ripete allo stesso modo su scale diverse. Ogni singola rosetta (piccola cima) del broccolo romanesco, in altre parole, ha la forma di un piccolo broccolo.

Ma quello che è più stupefacente è che il numero di rosette che compongono il broccolo romanesco è sempre un numero di Fibonacci. Ossia una cifra che fa parte dell’omonima successione, in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti.

 

SUCCESSIONE DI FIBONACCI nell’opera dell’artista Mario MERZ:

0, 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144 …

 

 


                              MERZ FIBONACCI

                         

Ma come è possibile che i broccoli romaneschi imitino una successione numerica?

La rappresentazione grafica della SUCCESSIONE DI FIBONACCI è di fatto una spirale (detta appunto spirale di Fibonacci), riscontrabile anche nelle conchiglie, nei girasoli, nell’ananas, nel numero di petali di molti fiori, nella disposizione delle foglie sui rami.

Nessuno ha mai capito il motivo per cui la natura segua questa disposizione: probabilmente per massimizzare l’esposizione ai raggi solari, ma come spiegare allora il ripetersi della successione di Fibonacci nella chimica, nell’economia, nell’elettrotecnica, e perfino nell’arte e nella musica?

Nessuno sa dire con certezza nemmeno se fu il BROCCOLO ROMANESCO a ispirare Leonardo FIBONACCI , il matematico pisano che scoprì la successione nel XIII secolo.

Sappiamo che il broccolo era ben conosciuto nell’Agro Romano, ma la selezione della cultivar che oggi conosciamo avvenne solo nell’Ottocento.

È più probabile che FIBONACCI abbia invece trovato ispirazione altrove: il grande matematico fu infatti uno dei pionieri dell’introduzione dei numeri arabi in Europa.

Visse a lungo a Béjaïa, in Algeria, assieme al padre che era un facoltoso mercante, e qui apprese le metodologie di calcolo utilizzate dagli Arabi, molto più veloci di quelle occidentali.

A fornire l’ispirazione fu un problema matematico sulla RIPRODUZIONE DEI CONIGLI, posto nel 1223 in occasione di una sorta di “olimpiade della matematica” convocata a Pisa dall’imperatore FEDERICO II.

Fibonacci trovò la soluzione al problema in maniera talmente rapida da suscitare perfino il dubbio che la gara fosse truccata.



PAN DI BACCO     PAN BACCO P1340479

 


Uno scrigno di rara delizia, un peccato di gola nato dal sodalizio tra l’arte dei maestri pasticceri MENCHETTI e gli ingredienti antichi della tradizione Toscana, come i vini passiti, il lievito madre e le uvette accuratamente selezionate.



SPONGATA di BRESCELLO

È una chicca della cucina reggiana che non manca mai nei cenoni di Natale e di San Silvestro.

La Spongata è un antico dolce da forno, preparata tipicamente a Brescello - il paese sulle rive del Po nella bassa reggiana - e resa famosa dai libri di Giovanni GUARESCHI con i suoi personaggi Peppone e Don Camillo, incarnati nei notissimi film da Gino Cervi e Fernandel.

Il suo nome sembra derivi da "sponga" cioè spugna, a causa dell'aspetto della superficie. Talvolta nel capoluogo Reggio Emilia viene anche ricoperta di cioccolata, ma la ricetta originale non la prevede.



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SPONGATA : un involucro di pasta frolla e un ripieno a base di miele, mandorle, pinoli e uva sultanina. Consistenza decisamente morbida e sapore piuttosto speziato.

 

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La storia e la leggenda


Era il 10 Dicembre 1480, un inverno terribile dicono le cronache del tempo. Nel convento delle Benedettine la Badessa Serafina Bonino aveva superato di molto quanto aveva previsto di spendere per i regali natalizi a coloro che sostenevano il Convento con la loro benevolenza e da tempo lavorava ad una ricetta di un dolce, un’antica “spongata”, che secondo lei, avrebbe rallegrato il Natale alle monache ed ai benefattori.

L’idea delle torte era venuta alla badessa quando lo speziale di Brescello le aveva parlato di una ricetta che più di vent’anni prima aveva ottenuto grande successo presso gli Sforza, signori di Milano. Si trattava di un dolce, chiamato “Spongata di Berselo”, inviato al Duca Francesco Sforza come riconoscimento di fedeltà. La produzione delle spongate della badessa ebbe successo e da quel momento cominciarono a piovere richieste al convento.

Questo dolce natalizio ha avuto precedenti illustri: si dice che sia la torta di cui parla Petronio nel “Satiricon”, certo gli ingredienti erano gli stessi. Molto più tardi Tassoni parlò di questo dolce nelle pagine della “Secchia Rapita” quando descrisse il tentativo di rappacificazione tra Bolognesi e Modenesi. Il legato di Bologna, dopo essere andato a Modena per trattare la pace, tornò con il regalo dei modenesi costituito da cinquanta prelibatissime spongate di Brescello. BRESCELLO continuò attraverso i secoli a produrre spongate e quando le monache ed il convento scomparvero la ricetta rimase circoscritta fra le famiglie brescellesi.

Un tipo di spongata veniva fatta anche in città, a REGGIO EMILIA, e doveva essere considerata un genere voluttuario dal momento che se ne proibiva la vendita nei momenti di carestia. Nel 1830 fu Don Palazzi a ricominciare la produzione artigianale di spongate e a tramandarla. Nel 1845 la ricetta passò a Luigi Benelli che fondò la rinomata fabbrica di spongate tuttora conosciuta.



La ricetta

L’abilità nel preparare la spongata viene espressa nel pesto: in primo luogo occorrono le noci delle colline emiliane che devono essere lavorate appena raccolte. Le noci vengono aperte e si estrae il gheriglio: per la produzione natalizia di spongate sono necessari circa 100 quintali di gherigli.

Su grandi tavoli vengono stese le noci tritate con sopra il miele e si comincia ad impastare. Successivamente si aggiungono le mandorle e l’uvetta e si impasta nuovamente … si rivolta il pesto già duro e si aggiungono per ultimi i pinoli, che sono i più delicati e non si devono rompere. L’impasto andrebbe fatto con le pale di legno e con le mani. Infine si asperge l’impasto con le spezie, ben tredici tipi diversi, che danno sapore e carattere alla SPONGATA.



PANFORTE allo ZAFFERANO dal forno di Monteleone d’Orvieto 

 

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TORRONI artigianali

 

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Il TE’ di NATALE

 

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KARKADE’ – il TE’ ROSSO DEL DESERTO -

 

il TE’ DEGLI ITALIANI              KARKADE P1340334




Il carcadè (o KARKADE’) è costituito dal calice carnoso del fiore dell' Hibiscus sabdariffa da cui si può ricavare per infusione una bibita dissetante dal sapore gradevolmente aspro e dal colore rosso intenso. È digestiva e regolarizza la funzionalità epatica. È una bevanda antinfiammatoria, lenitiva, vitaminizzante.

Nei paesi dove è diffusa la coltivazione (es. Senegal) il fiore viene raccolto in due diverse fasi di maturazione, ottenendone due tipi: il carcadè verde (il cui uso è però quasi esclusivamente limitato ai luoghi di colture) ed il carcadè rosso, che viene invece comunemente esportato e commercializzato.

 

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Il consumo di KARKADE’ - fra i "prodotti coloniali" provenienti dall'Eritrea, a suo tempo dominio italiano - era notevole nel nostro paese.

Il carcadè veniva anche chiamato "TE’ DEGLI ITALIANI" e sostituiva il TE’ d’importazione divenuto molto costoso con le sanzioni economiche dopo la guerra d'Etiopia.



FRUTTI e FIORI DISIDRATATI THAI  -  POMELO ANANAS   IBISCO

 

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FRUTTA FRESCA – MANDARINI & CACHI MELA (KAKI PERSIMMON)

 

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GIUGGIOLE giganti                     GIUGGIOLE P1340340

 

 

BUON NATALE !!



Rif. articolo E’ NATALE … CIBO & ARTE nella sez. Cibo e Arte

Reportage fotografico by Barbara CARICCHI

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