Il GIUDIZIO FINALE nella CAPPELLA di SAN SISTO a MELEZET –
BARDONECCHIA (TO)
Edificata nella seconda metà del XV secolo, la cappella presenta una struttura architettonica semplice, sviluppata secondo un impianto planimetrico ad una sola navata con campanile a vela. L’interno è composto da un ambiente unico sormontato da una volta a botte.
La decorazione pittorica ad affresco realizzata sulla facciata esterna raffigura il Giudizio Universale, opera databile ai primi anni del ‘500 e attribuita al Maestro di Savoulx, un anonimo artista che si ispirò in modo originale ai modelli figurativi espressi dalla bottega dei Serra in Pinerolo. La struttura della rappresentazione rispecchia infatti quella data dai pittori pinerolesi all’analoga scena presente sulla facciata della cappella di Sant’Antonio abate a Jouvenceaux, con l’Eterno in mandorla al di sotto del colmo del tetto, i santi disposti in schiere e la Gerusalemme celeste raffigurata come una città turrita alla sinistra della rappresentazione.
La torre del PARADISO
DIAVOLI e DANNATI
INFERNO PURGATORIO PARADISO
La DIVINA COMMEDIA di DANTE ALIGHIERI
FIRENZE - DANTE in Piazza Santa Croce
La Divina Commedia illumina Firenze, conosciuto anche come La Divina Commedia di Dante Alighieri, è un affresco che si trova nel Duomo di Firenze.
Opera di Domenico di Michelino basata su un disegno di Alesso Baldovinetti, vide la luce nel 1456. Nel dipinto appare Dante con una copia della sua Commedia, fra i tre mondi ultraterreni descritti in essa e una veduta di Firenze.
Dantedì 2021: gli eventi che celebrano il Sommo Poeta a
700 anni dalla morte
Il XXV canto del PARADISO letto da Roberto BENIGNI, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del ministro della Cultura, Dario Franceschini, in diretta su Rai1 alle 19.10 dal Salone dei Corazzieri al Quirinale, è l’evento clou del grande affresco che la Rai dedica a Dante Alighieri nel Dantedì del 25 marzo.
PARADISO – canto XXV : ottavo cielo, le stelle fisse. Le anime sono riunite come nubi sfolgoranti di luce.
San Giacomo interroga Dante sulla SPERANZA, su quella virtù che permette agli uomini di attendere con fiducia, da Dio, i mezzi necessari per salire in Paradiso.
Alla fine appare San Giovanni e lo sfolgorare di luce abbaglia Dante.
L’omaggio, a 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, vedrà Benigni anche in prima serata su Rai3, in un’altra delle sue memorabili interpretazioni della Commedia con la riproposizione, riveduta e corretta, de ‘Il Quinto dell’INFERNO’, introdotta da Corrado Augias. Lo stesso Augias con Aldo Cazzullo e Giorgio Zanchini sarà poi a ‘L’Italia di Dante’, per raccontare la grande rivoluzione dell’Alighieri.
Gustave Doré - Minosse
INFERNO – canto V : ingresso nel II Cerchio. Incontro con Minosse.
La pena dei lussuriosi; i morti violentemente per amore. Incontro con Paolo e Francesca. È la sera di venerdì 8 aprile (o 25 marzo) del 1300.
Un gelato per DANTE
In onore del Dantedì 2021, Magnum ha creato tre Limited Edition del celebre gelato offrendo un’interpretazione originale e inaspettata della Divina Commedia in chiave poetico-gustosa:
INFERNO: “Del salato fondente, dolce amore, mi prese quel piacer sì forte che come vedi sapor ha di lampone”. Un morso all’iconico stecco sprigiona l’energia delle fiamme.
PURGATORIO: “Sovra candido vel di cioccolato caramello doppio, dorato manto ricolmo di gelato biscottato”. Il mondo di mezzo, sabbioso, offuscato ma rivelatore dopo un morso di piacere.
PARADISO: “Di cacao rosa disio ribelle, bianco e pistacchio mio anelare. Sapor che move il sole e l’altre stelle”. L’ascesa, il bianco, la luce: qui tutto è puro come il piacere di mordere il doppio cioccolato croccante.
INFERNO PURGATORIO PARADISO - Limited Edition MAGNUM 2021
VERONA – Piazza dei Signori
MONUMENTO A DANTE ALIGHIERI realizzato nel 1865 per celebrare il sesto centenario della nascita del grande poeta che durante il suo esilio da Firenze fu lungamente ospite a Verona. Si tratta di una splendida statua in marmo, alta tre metri e sorretta da piedistallo in cui Dante, volgendo le spalle a via delle Fogge, ha la testa leggermente girata verso il palazzo di Cansignorio.
RAVENNA
La TOMBA di DANTE è il sepolcro in stile neoclassico del poeta Dante Alighieri eretto presso la basilica di San Francesco nel centro di Ravenna. Il Sommo Poeta visse gli ultimi anni della propria esistenza nella città romagnola, morendovi nel 1321. La tomba è monumento nazionale ed attorno ad essa è stata istituita una zona di rispetto e di silenzio chiamata "zona dantesca". All'interno dell'area sono compresi la tomba del poeta, il giardino con il Quadrarco e i chiostri francescani, che ospitano il Museo Dantesco.
GIUDIZIO UNIVERSALE – MICHELANGELO in Cappella SISTINA
Il Giudizio universale (1535-1541) è un affresco di Michelangelo Buonarroti, realizzato tra il 1535 e il 1541 su commissione di Papa Clemente VII per decorare la parete dietro l'altare della Cappella Sistina, una delle più grandiose rappresentazioni della parusia, ovvero dell'evento dell'ultima venuta alla fine dei tempi del Cristo per inaugurare il Regno di Dio, nonché uno dei più grandi capolavori dell'arte occidentale.
L'opera segnò la fine di un'epoca e costituì uno spartiacque della storia dell'arte e del pensiero umano: all'uomo forte e sicuro dell'Umanesimo e del primo Rinascimento, che Michelangelo stesso aveva esaltato negli Ignudi della volta, subentra una visione caotica e angosciata che investe tanto i dannati quanto i beati, nella totale mancanza di certezze che rispecchia la deriva e le insicurezze della nuova epoca.
Sono oltre 400 le figure presenti nel magnifico affresco di
MICHELANGELO.
Buonarroti elaborò la rappresentazione di una catastrofe immane,
dove un’umanità inerme e sgomenta viene travolta dall’ira di Dio.
Per rendere la scena più efficace, abbandonò ogni intelaiatura architettonica, sconvolgendo il concetto rinascimentale di spazio e di struttura prospettica. L’iconografia tradizionale del tema, che di norma prevedeva una rappresentazione gerarchica dei BEATI e dei DANNATI, venne profondamente alterata:
Michelangelo, infatti, non organizzò le figure per fasce parallele ma
le inserì in una sorta di gorgo, generato dal gesto impetuoso di
Gesù, raffigurato durante l’attimo che precede il giudizio.
Cristo e la Vergine
Tra le altre figure della composizione, possiamo riconoscere: San Pietro con due chiavi e San Sebastiano con le frecce. Michelangelo ha voluto lasciare il proprio segno auto ritraendosi nella pelle scuoiata di san Bartolomeo.
San Pietro
San Bartolomeo
Tutti i personaggi, sgomenti, nudi e variamente atteggiati, ruotano attorno al Giudice supremo in senso orario: da sinistra in basso - dove assistiamo alla resurrezione dei morti - a destra in basso, dove troviamo ANGELI e DEMONI … si nota Caronte che accompagna i dannati davanti a Minosse: questo è un riferimento alla DIVINA COMMEDIA di DANTE.
Minosse
MICHELANGELO venne accusato di essere irreligioso e di essersi
abbandonato a scandalose licenze.
Non erano soltanto i nudi a dar fastidio o, perlomeno, alla fine questi rappresentavano il problema minore. Preoccupavano, soprattutto, l’impostazione caotica della composizione, così poco ortodossa, così poco gerarchica (gli angeli, privi di ali, si confondono con tutti gli altri), e il diffuso senso di angoscia che sembra investire tanto i DANNATI quanto i BEATI e perfino le creature celesti.
Dannati che precipitano all’inferno
Demone
Particolare con gli eletti
Angeli che suonano le trombe del giudizio
Giudizio universale - affresco di GIOTTO databile al 1306 circa e facente parte del ciclo della Cappella degli Scrovegni a PADOVA. Occupa l'intera controfacciata e conclude idealmente le Storie.
L'affresco è diviso in due parti in antitesi : la superiore illuminata dal sereno ordine celeste e l'inferiore, nel burrascoso divenire dell'ordine terrestre che sta giungendo al termine, con una metà occupata dai morti risorgenti e dai beati che si recando in PARADISO, e l'altra metà dai dannati precipitati nell'INFERNO.
PARADISO e INFERNO
Nelle fasce inferiori, divise dalla croce retta da due angeli, sono messi in scena il PARADISO, a sinistra, e l'INFERNO a destra.
Il primo mostra una serie ordinata di angeli, santi e beati (tra cui forse i santi "recenti" come Francesco d'Assisi e Domenico di Guzmán), mentre nel secondo i dannati vengono tormentati dai diavoli e avvolti dalle fiamme che si sprigionano dalla mandorla di Cristo.
Ai lati della mandorla angeli suonano le trombe dell'Apocalisse
risvegliando i morti.
Dalla mandorla sgorgano quattro fiumi di fuoco che generano l'INFERNO - Stige, Acheronte, Flegetonte e Cocito - in cui sono precipitati i reprobi, tormentati crudelmente dai demoni, riconoscibili per il colore livido e l'aspetto caprino o scimmiesco.
Il primo fiume travolge gli usurai, caratterizzati dal bianco sacchetto di sporco denaro legato al collo (Reginaldo degli Scrovegni, usuraio e padre di Enrico, è posto da Dante Alighieri nel canto XVII dell'Inferno). Più in basso, impiccato e sventrato, sta Giuda Iscariota.
A sinistra di Cristo Giudice, in basso, siede, goffo e informe, LUCIFERO, che appare con il "vultus trifrons", ovvero con tre facce. Ha artigli bestiali ed un serpente che gli esce dalle orecchie (modello è il Lucifero di Coppo di Marcovaldo nei mosaici del battistero di Firenze). Sta straziando alcune anime e siede sul trono del biblico Leviatan, emblema del male di questo mondo.
Tale rappresentazione, mutuata anche da Dante Alighieri nella sua Divina Commedia, al canto XXXIV della prima Cantica, è la perfetta antitesi della Trinità celeste.
Se le caratteristiche divine sono:
- la divina podestate, (il Padre)
- la somma sapïenza (il Figlio) e
- 'l primo amore (lo Spirito) (Inf. III, vv. 5-6)
quelle di Lucifero sarebbero quindi, in antitesi:
- impotenza,
- ignoranza e
- odio
rappresentate simbolicamente dai tre colori delle facce di Lucifero citati da Dante, rosso, bianco-giallo (faccia a destra) e nero (faccia a sinistra).
C'è anche chi ha attribuito ciascun colore al simbolo di una fase dell'opera alchemica, la rubedo, l'albedo e la nigredo.
Alcuni DANNATI hanno al collo sacchetti di monete, simbolo di avidità. Le pene sono inflitte per similitudine iperbolica dei peccati che hanno procurato loro la dannazione.
Le pene sono esplicite e terrificanti, torture disumane che mostrano individui segati a metà, squartati, stuprati, infilzati allo spiedo. I codici dell'abbigliamento (o parte di essi, visto che le anime sono simboleggiate da individui nudi) o dell'acconciatura sono indice della loro condizione durante la vita terrena: appaiono re, monaci, giudici e alti religiosi.
Lo schema delle pene e dei gironi si rifà a tradizioni diverse dall' INFERNO di DANTE, come l' Elucidarium di Onorio di Autun. Di proporzioni piccolissime i dannati formicolano tra le angherie a cui i diavoli scimmieschi li sottopongono, esposti al ludibrio e alla berlina, denudati, violati, appesi per i capelli o per i genitali, scherniti e torturati.
Al caos dell'Inferno, per contrapposizione, a destra stanno gli eletti. Dal basso all'alto si nota una schiera tripartita: anime che escono stupite ed oranti dalla terra; la grande processione degli eletti (clero, popolo, donne e uomini che hanno santificato la loro vita); sopra, guidati da Maria, gli antichi santi dell'Antico Testamento e della Chiesa primitiva.
Una tradizione indica nella quarta persona in primo piano nella schiera dei beati, con un berretto bianco in capo, un autoritratto di GIOTTO.
I cieli sono ricolmi di innumerevoli SCHIERE ANGELICHE suddivise per caratteristiche e riconoscibili dal colore, simbolo del loro status:
- gli Angeli custodi, in verde, simbolo della Speranza;
- gli Arcangeli in rosa simbolo di autorità sugli Angeli;
- i Principati in giallo simbolo di rinnovamento e di collegamento tra spirito e materia;
- le Dominazioni, in arancione, simbolo di auto-dominio, pienezza di vita;
- le Virtù, con la veste blu zaffiro, simbolo della purezza;
- le Potestà, in azzurro acquamarina, simbolo di forza vitale;
- i Serafini, in rosso, simbolo dell'Amore divino;
- i Cherubini in azzurro, simbolo della Sapienza divina;
- i Troni, in verde, simbolo della potenza di Dio e della Sua giustizia.
Il GIUDIZIO UNIVERSALE di Luca SIGNORELLI nel DUOMO di
ORVIETO.
Realizzato a tempo di record, il monumentale affresco di SIGNORELLI nel Duomo di Orvieto è una delle opere più spettacolari del Rinascimento italiano, capace di ispirare persino il geniale lavoro di Michelangelo nella Cappella Sistina.
Resurrezione della carne
La scena della Resurrezione della carne si trova a destra dell'ingresso. Sotto gli impetuosi squilli di trombe di due angeli con la bandiera crociata, circondati da nastri svolazzanti e da nubi composte da angioletti a monocromo, si consuma la resurrezione dei morti, che il SIGNORELLI concepì in maniera originale: invece di uscire dagli avelli, i morti spuntano da un terreno bianco e liscio, come ghiaccio. Seguendo i dettami teologici, dipinse gli scheletri che riprendono pelle e muscoli reincarnandosi in giovani nel fiore del vigore fisico, sui trent'anni. All'estrema destra si vede una trasformazione in corso, con uno scheletro ricoperto di pelle ma non ancora di muscoli. A destra è curioso il nudo di schiena che dialoga con gli scheletri, mentre a sinistra alcuni giovani appena risorti improvvisano una festosa danza. Alcuni ignudi, come quello con le mani ai fianchi, a destra, erano anticamente coperti nelle parti intime da veli aggiunti a secco, oggi quasi invisibili.
La parte superiore del dipinto è occupata da un cielo dorato ricoperto di pasticche in cera rivestite di foglia d'oro, che vennero applicate una per una (conservando le impronte digitali di chi le mise). Qui si possono ancora intravedere alcune figure graffite sul muro, probabilmente i disegni preparatori che Signorelli face per illustrare le proprie idee ai committenti.
Salita al Paradiso e chiamata all'Inferno
Il ciclo prosegue sulla lunetta dell'altare dove, all'ombra del Cristo giudice nella volta, i dannati sono separati dai beati e indirizzati rispettivamente verso la punizione o il premio. La lunetta è divisa in due parti dalla finestra.
A destra sotto gli occhi vigili degli Arcangeli, si vede l'Antinferno, tratto dalla descrizione dantesca. Un gruppo di ignavi ricorre infatti un demone che porta uno stendardo bianco, mentre al centro si vede Caronte pronto a traghettare i dannati, destinati, più in basso, al giudizio di Minosse. Quest'ultimo è ritratto nel momento in cui commina la pena a un dannato tenuto per i capelli da un demone, avvolgendo la propria coda attorno al corpo tante volte quanto è il numero del girone a cui è destinato. Più avanti, sul "proscenio", un diavolo dalle carni azzurrine fa per colpire un dannato tenendolo per i capelli: la crudezza della scena interessò Michelangelo, che infatti la copiò.
Nella metà sinistra avviene la Salita degli eletti, accompagnati da angeli musicanti e da altri che indicano loro la strada. Beati e dannati proseguono nelle rispettive lunette confinanti.
Dannati all'Inferno
La seconda lunetta sulla parete destra mostra i Dannati all'Inferno. Fu la prima ad essere dipinta ed è una delle più riuscite in termini di immediatezza dell'immagine: colpisce infatti il brulichio di corpi umani nudi e demoni dalle membra colorate. Si tratta della scena più ricca di invenzioni grottesche, scherzi, allusioni erotiche e salaci trovate.
Un dettaglio famoso è quello del demone volante che porta sulle spalle una prosperosa peccatrice e guarda indietro verso di lei ghignando, evidentemente soddisfatto della preda. Un altro dannato, nella mischia, è aggredita alle spalle un demone che le morde l'orecchio e davanti ad essi una donna formosa è sollevata contro la sua volontà da un demone blu con un corno in fronte: si tratta di un autoritratto del SIGNORELLI, evidentemente alludendo a una storia "privata" sicuramente nota all'epoca con la donna bionda, che forse gli fu infedele; egli la ritrasse in molte delle dannate (anche quella sul diavolo volante e quella in primo piano che strilla bocconi mentre un diavolo la sovrasta fermandola con un piede), nonché nella prostituta della scena dell'Anticristo.
Alla caotica scena infernale si contrappone la serena tranquillità degli arcangeli con armatura sulla destra, che sorvegliano la scena con la calma dei vincitori.
Per dare la massima evidenza plastica alle figure, il pittore usò qui la tecnica della pennellata incrociata.
Beati in Paradiso
La seconda lunetta a sinistra chiude il ciclo coi Beati in Paradiso. Se nelle parti demoniache Signorelli aveva potuto dare il miglior sfoggio di invenzioni curiose e stupefacenti, il Paradiso appare accurato nelle anatomie, piacevole, ma non immune a un senso di pesantezza e noia.
I personaggi, concordemente con i dettami teologici, sono rappresentati nella loro maturità, esprimenti una pacata serenità. In alto nove angeli tengono un concerto, con un'accurata descrizione degli strumenti musicali. Al centro altri due angeli spargono rose e camelie sui beati anche se i fiori, che vennero dipinti a secco, sono oggi scarsamente visibili
PARADISO di Jacopo TINTORETTO – Sala del Maggior Consiglio –
Palazzo Ducale a VENEZIA
Il Paradiso di GUARIENTO, l’incendio del 1577 e il concorso per il Paradiso.
L’immensa Sala del Maggior Consiglio nel Palazzo Ducale era il
cuore dell’antica Repubblica di Venezia, il luogo dove sedevano il
Doge e i suoi consiglieri.
Sopra la tribuna del doge un grande affresco del GUARIENTO occupava tutta la parete. Ma nel dicembre 1577 il Palazzo Ducale subì un violento incendio che danneggiò le sale e distrusse la decorazione pittorica. La Repubblica avviò immediatamente i lavori di restauro (che condurranno le sale all’aspetto che hanno oggi) e formulò, per le decorazioni, un preciso programma iconografico che prevedeva, per la parete orientale, la realizzazione di un PARADISO. Decorare la parete principale della sala del Maggior Consiglio con un Paradiso, rappresentazione perfetta della gerarchia celeste, era un messaggio politico esplicito: il governo di Venezia è la replica terrena della perfezione del governo celeste.
Venne bandito un concorso cui parteciparono i più famosi artisti dell’epoca. Risulterà alla fine vincitore Jacopo Robusti, più noto come il TINTORETTO: egli realizzerà l’opera entro il 1592, con il decisivo aiuto del figlio Domenico.
Il Paradiso di Tintoretto sarà la più grande tela del mondo, grazie ai
suoi 25 metri di larghezza e 7 di altezza e, per le sue dimensioni
colossali, verrà dipinta a pezzi.
Il cuore del dipinto è l’incontro in cielo tra la Madre e il Figlio, sostenuti in volo da una fitta schiera di cherubini e serafini. Gesù ha un nimbo di raggi luminosi sul capo e regge col braccio un globo trasparente, simbolo della sua signoria sul creato. La Madre Maria ha una corona di stelle sul capo e si rivolge al Figlio con una preghiera d’intercessione a favore di Venezia. L’arcangelo Gabriele arriva in volo e offre a Maria il giglio dell’annunciazione, simbolo di purezza. L’arcangelo Michele, da parte sua, offre invece a Gesù la bilancia della psicostasia, simbolo di giustizia. Appena al di sotto vediamo schierati i quattro evangelisti con i libri dei Vangeli in mano, affiancati dai simboli del tetramorfo: il primo evangelista è ovviamente San Marco, simbolo di Venezia, con il suo celebre leone; lo segue Luca, affiancato dal bue; viene poi Matteo con l’angelo e infine il giovane Giovanni con l’aquila.
Sulla destra sono poi schierati gli apostoli; il primo è San Paolo con il libro delle sue lettere e la spada del martirio al fianco; il secondo è Pietro, riconoscibile dalla grande chiave del regno dei cieli e dalla sua lettera; tra gli altri si riconoscono Bartolomeo con il coltello, Andrea con la croce e Giacomo con il bastone da pellegrino.
Un posto importante è occupato dai patriarchi e dagli uomini giusti dell’antico testamento: Adamo ed Eva, Abramo con il figlioletto Isacco, il re Davide che suona il salterio, Mosè con le tavole della legge e i corni di luce sul capo, Noè con il modellino dell’arca.
Sono poi riconoscibili i profeti con i libri aperti e i dottori della chiesa (Agostino, Gerolamo, Ambrogio, Gregorio) con i loro libri e le insegne del rango gerarchico ecclesiale. I martiri, uomini e donne, sono ritratti in gran numero con la palma nelle mani.
I beati rappresentati nel PARADISO di TINTORETTO sono circa
cinquecento.
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