Al MUSEO ARCHEOLOGICO di HERAKLION (IRAKLION) stupiscono i
magnifici reperti dai principali SITI MINOICI di CRETA
I principali centri palaziali furono Cnosso, Festo, Malia e Kato Zakros.
Cnosso, gli interni del palazzo – ricostruzione SALA DEL TRONO
GRIFONE - ricostruzione a rilievo
Le ricostruzioni dello studioso inglese Sir Arthur Evans, che a partire dal 1900 lavorò a Cnosso per oltre 40 anni, forse sono un po’ troppo fantasiose, ma racchiudono la chiave per capire nel modo migliore gli altri palazzi e le ville dello stesso periodo.
Forse il mito del Minotauro e del labirinto nacque proprio dai primi tentativi di interpretare il complicato intrico di passaggi e stanze di Cnosso.
Affresco del Principe dei Gigli – Cnosso – 1550 a.C.
Rilievo raffigurante un principe minoico con gigli nel Palazzo di Cnosso, Creta.
I GIGLI BIANCHI di MARE sono un motivo naturalistico ricorrente nell’arte minoica.
Cratere con pittura e decorazione plastica, ornato da decorazione geometrica e con grandi fiori a rilievo. Periodo protopalaziale (2.000-1700 a.C.). Terracotta, altezza 45.5 cm. Da Festo, Irakilon, Museo Archeologico.
TORO SERPENTE COLOMBA CAPRA GRIFONE
APE DELFINO GIGLIO PAPAVERO
MONILE in ORO con due API
E’ molto famoso il raffinato pendente d’oro che rappresenta due api che tengono tra le loro zampette dei granuli di polline e una goccia di miele tra le loro bocche, sulla testa una piccola gabbia in filigrana. Proviene dagli scavi di una necropoli a Malia.
ANELLO di MINOSSE
Si tratta di un anello regale o comunque molto prezioso trovato nel palazzo di Knossos, con un elaborato sigillo che rappresenta tre livelli dell’epifania religiosa, con una dea che passa attraverso gli elementi dell’aria, della terra e dell’acqua. Probabile simbolo del potere su tutto il mondo naturale del re minoico. Il termine Minosse, più che rappresentare una specifica persona fisica, forse era il titolo che identificava tutti i re di Creta.
Il rhytòn (plurale rhytà) è un contenitore per fluidi da bere o da versare in alcune cerimonie come la libagione. I rhytà erano molto comuni nell'antica Persia, dove erano chiamati Takuk (تکوک). La parola occidentale rhytòn è la traslitterazione dell'antico greco ῥυτόν.
Dopo la vittoria greca sugli invasori persiani nel 479 a.C. molto argento, oro e altri lussi inclusi numerosi rhyta furono portati ad Atene. I rhyta persiani, apparsi ad Atene improvvisamente in grande quantità dopo la guerra, furono immediatamente imitati dagli artisti greci.
Rhyta in steatite minoici al Museo Archeologico di Iraklio. Forma di corno
Elaborati Rhyta a forma di capra. Palaikastro 1500-1450 a.C.
TESTA di LEONESSA
Da Knossos un rhyton a forma di testa di leonessa, in pietra chiara, con un buco nella bocca per versare i liquidi.
Prezioso rhyton in cristallo di rocca da Kato Zakros ( 1700 - 1450 B.C ).
Nell’antica Mesopotamia le COLOMBE erano il simbolo di Inanna-Ishtar, la dea dell’amore, della sessualità e della guerra. Nell’antichità classica molti degli attributi di Inanna-Ishtar, compresa l’associazione con AMORE, EROS e COLOMBE, furono trasferiti ad Aphrodite (dea greca) e quindi a Venere (dea romana).
La COLOMBA di AFRODITE
Un giorno Afrodite ed Eros gareggiavano nel raccogliere fiori. L'arciere amoroso era più abile della madre che stava per essere sconfitta quando una ninfa di nome Peristerà (colomba, in greco) giunse in suo aiuto procurandole la vittoria. Eros, irritato per l'intervento inaspettato e scorretto, la castigò trasformandola in una colomba che Afrodite per gratitudine volle risarcire eleggendola a suo uccello preferito: per questo motivo si diceva che il carro della dea fosse tirato da candide colombelle oltre che da cigni. (Mythographi Vaticani, I, 175; II, 2,33).
GODNESS della FERTILITA’ dal sito di KARFI : la divinità con le braccia alzate, i grandi seni, i piedi a zoccolo di capra … colombe sul capo …
Idolo femminile da Karfi, Creta. Terracotta. 1.200 a.C. E. Iraklion, Museo Archeologico.
Tutto rimanda ad AMALTEA , la CAPRA che allattò Zeus sul monte Ida a Creta (in altre versioni viene identificata con la ninfa che custodì la capra il cui latte alimentò Zeus infante).
THE DOVE GODDESS
Figura in argilla che rappresenta “the Great Mother” con COLOMBE sul capo. (Around 1300 BC, Greece).
Terrecotte da Gazi - Grandi figure femminili in terracotta nell'arte minoica , che presumibilmente rappresentano una dea, scoperte in un santuario del periodo post-palazzo ( LM III , 1400-1100 aC) a Gazi, Creta , ed ora nel Museo Archeologico di Heraklion .
Non immagini di culto , ma piuttosto offerte votive .
Goddess with upraised arms, terracotta, Gazi, 1300-1100 BC.
Terrecotte da Gazi in AM Heraklion, 1300-1100 a.C., inclusa la dea del PAPAVERO.
The sublime Minoan poppy goddess priestess (ca.1400-1100 B.C.)
Il nome deriva dalla forma dei terminali dei semi di papavero da oppio che sorgono dal diadema sul capo.
Altre figure hanno diversi ornamenti sulla testa, tra cui molti
uccelli, e il simbolo delle corna della consacrazione .
La "gonna" rotonda a forma di vaso è tornita, mentre la parte superiore del corpo è stata modellata a mano mentre l'argilla era ancora malleabile. Alcune hanno i piedi che fanno capolino da sotto la gonna. Hanno sempre le mani alzate, normalmente con i palmi rivolti di lato o verso l'esterno, e spesso c'è un foro nella parte superiore della testa, forse per l’accensione. Le aperture alle orecchie suggeriscono la disponibilità ad ascoltare le preghiere. La maggior parte non è verniciata. Si riferiscono ad altri tipi, meno stilizzati, di figure di divinità minoiche in argilla.
In questo periodo, l' influenza micenea in particolare sull'arte era forte sull'isola, dimostrando che Creta era diventata poco più di una provincia del mondo miceneo dopo l'invasione micenea nel 1450 a.C.
Statuette di ceramica minoica sono state trovate anche nei santuari pubblici, e non solo nei santuari di palazzo, come era consuetudine nei periodi precedenti.
Statuine d’argilla della “dea con le mani sollevate” anche state trovate nel Santuario delle doppie asce di Knossos, a Gournia , Myrtos , e anche nei santuari di Gortys e Priniàs .
Sulle teste delle figure sono presenti vari simboli religiosi, come corna di consacrazione, diademi, uccelli e semi di papavero da oppio. La figura femminile conosciuta popolarmente come la dea del papavero è forse una rappresentazione della dea come portatrice del sonno o della morte.
Le figurine trovate a Gazi, più grandi di quelle precedentemente prodotte nella Creta minoica, sono rese in maniera estremamente stilizzata. I corpi sono rigidi, le gonne semplici cilindri e le pose stereotipate.
Le mani alzate della statuina che guarda verso il visitatore ne rivelerebbero la natura divina … i palmi aperti indicherebbero un gesto di epifania della dea. È possibile che stia dando un saluto o una benedizione … o stia pregando … oppure possa simboleggiare la sua apparizione sulla terra in forma umana.
I papaveri erano menzionati nei miti greco-romani come offerte ai morti.
Robert Graves evidenzia il simbolismo del colore rosso scarlatto qualepromessa di resurrezione dopo la morte.
Il PAPAVERO emblema della dea DEMETRA.
Quando Demetra, dea delle messi, spesso raffigurata con una corona di grano e papaveri e un fascio di grano tra le braccia, venne a sapere che la figlia Persefone avrebbe trascorso metà della sua esistenza nel mondo sotterraneo dei morti, cercò conforto bevendo infusi realizzati con fiori di papavero considerato simbolo dell’oblio e del sonno.
Sostanza stupefacente che rende sopportabili eventi traumatici al pari degli antidepressivi. Demetra avrebbe trovato per la prima volta il papavero nell’isola di Mecona, presso Corinto.
Secondo Teocrito per i greci Demetra era una dea papavero che portava covoni e papaveri in entrambe le mani ( Idillo vii 157).
Karl Kerenyi ha affermato che i papaveri erano collegati a un culto cretese che è stato trasmesso ai Misteri Eleusini nella Grecia classica : < Sembra probabile che la Grande Dea Madre che portava i nomi Rea e Demetra, abbia portato con sé il papavero dal suo culto cretese a Eleusi ed è quasi certo che nell'ambito del culto cretese l' oppio fosse preparato dai papaveri >
Il SERPENTE nelle due statuette femminili dal Palazzo di Knossos.
La famosa Dea dei Serpenti, che è uno dei simboli della civiltà minoica, indossa una lunga gonna a balze. Due serpenti sono tenuti nelle due mani alzate; il serpente è il simbolo della visione ciclica della vita. Sulla sua testa è una figura felina, simbolo del dominio sulla natura, i seni prosperosi sono simbolo della fertilità femminile.
Figurine della dea serpente minoica, c. 1600 a.C., Museo Archeologico di Heraklion , Creta
Entrambe significativamente incomplete, risalgono alla fine del periodo neo-palaziale della civiltà minoica , intorno al 1600 a.C.
Furono reperite nel 1903 nella camera sotterranea del tesoro del santuario centrale del palazzo di Cnosso, del medio minoico. Sono ora in mostra al Museo Archeologico di Heraklion .
Evans nominò la più grande "Dea Serpente" e la più piccola "Sacerdotessa Serpente"; da allora è stato dibattuto se Evans avesse ragione, o se entrambe le figurine raffigurassero sacerdotesse, o entrambe la stessa divinità o divinità distinte.
La statuetta ha il tipico abito a falde ricadenti, bloccato ai fianchi da un elemento a sella che sembrerebbe realizzato in stoffa più pesante. Uno stretto corpetto comprime e lascia scoperti i seni (elemento tipico delle sacerdotesse) , cingendo anche la parte superiore delle braccia.
Le mani della dea stringono due serpenti, abitanti della terra e portatori a volte di morte, mostrandoli all'osservatore.
È una statuina di ceramica smaltata. Questa tecnica permette di variare i temi decorativi, mentre la superficie rimane brillante e luminosa.
Si è soliti considerarla un’immagine di divinità ctonia (dal greco chthon, “terra”) cioè legata al culto delle forze sotterranee e degli inferi.
< La Dea dei Serpenti ti incanta: è un’avvenente ammaliatrice dal seno nudo e florido strizzato in un corpetto stretto e colorato che le ricopre, a mò di bolerino, anche le spalle e le braccia fino ai gomiti. Una gonna immensa, lunga, ricca di balze colorate ed un decoro simile ad un grembiule stretto in vita. Le braccia protese in avanti, in un gesto dalla sacralità ancestrale, il gesto della dea Tanit che richiama su di sé l’energia della Luna. Tra le mani due serpenti che si muovono sinuosi, si dimenano. Volto truccato alla maniera egizia con gli occhi scuri ben delineati e allungati; lunghi capelli neri; un copricapo dal gusto anch’esso egittizzante sormontato da un animale, forse un gatto.
Una Dea simbolo di fertilità; i seni nudi proprio a questo rimandano, al suo potere di dare la vita e di nutrire. Il gatto sulla testa: simbolo mutuato dal vicino Egitto, animale sacro protettore nell’ Al di là. E quei serpenti tra le mani, tenuti con forza e decisione tanto che alcuni parlano di “virilità al femminile”.
Oggi a pensarci possono venire i brividi; quando ne incontriamo uno in natura ci spaventiamo a morte. Ma il serpente ha una lunga storia e importanti significati.
Capace di mettere in comunicazione il mondo dei vivi col mondo dei morti, il serpente appartiene contemporaneamente ad entrambi: si rifugia nell’umido ventre della terra, nel sottosuolo e negli anfratti oscuri; ma trova altresì dimora sui rami degli alberi, tra i grovigli di radici e cespugli, nell’acqua … La sua muta lo rende simbolo di rinascita, di rigenerazione, perché il fatto di “cambiare pelle” lo rende rappresentativo della guarigione, del cambiamento verso una nuova vita.
Il suo lungo e segreto letargo invernale lo assimila alla Madre Terra che nei mesi freddi si chiude in un sonno apparentemente senza fine per poi tornare alla vita. Un ciclo perenne di morte, rinascita e vita; di sonno e risveglio, di tenebra e luce.
Un simbolo positivo, quindi. E per queste sue virtù associato alla medicina, al potere di guarire gli altri. Non a caso lo ritroviamo avvolto in morbide spire lungo il bastone di Asclepio (dai Romani ribattezzato Esculapio), mitico figlio di Apollo dedito all’arte medica i cui santuari erano meta ambita e ricercata da chi desiderava un intervento salvifico e terapeutico. Santuari “ospedale”, possiamo dire così …>
Il TORO figura dominante nell'arte minoica ...
RHYTON a testa di TORO – Palazzo di Cnosso
RHYTON a testa di TORO – Kato Zakros
TESTA di TORO (contenitore liquidi) : Il mito di ZEUS ed EUROPA
Il racconto mitologico narra che Europa era una principessa fenicia, figlia di Agenore e Telefessa. Zeus la scorge in spiaggia intenta a raccogliere fiori insieme alle sue compagne e se ne invaghisce.
Allora il Dio inventa uno dei suoi stratagemmi: ordina al dio Ermes di guidare i buoi del padre di Europa verso quella spiaggia.
ZEUS quindi prende le sembianze di un bellissimo TORO BIANCO,
le si avvicina stendendosi ai suoi piedi. Europa sale sul dorso del toro, e questi la porta attraverso il mare fino all’isola di Creta. Zeus rivela quindi la sua vera identità e tenta di violentarla, ma Europa resiste. Zeus si trasforma quindi in aquila e riesce a sopraffare la donna in un boschetto di salici o, secondo altre versioni della storia, sotto un platano.
AGENORE è il padre di Europa che preoccupato manda i suoi figli alla ricerca della sorella. Il fratello Fenix, dopo varie e infruttuose ricerche, diviene il capostipite dei Fenici. Un altro fratello, Celix, si installa in un’area sulla costa sudorientale dell’Asia Minore, a nord di Cipro, e diviene il capostipite dei Cilici. Cadmo, il più famoso dei fratelli, arriva fino in Grecia dove fonda l’antica città di Tebe.
Dall’unione con ZEUS, EUROPA genera tre figli : Minosse, Radamanto - giudice degli inferi - e Sarpedonte, in seguito adottati dal marito ASTERIONE, re di Creta.
Prima di tornare sull’Olimpo, Zeus lascia tre doni ad Europa: Talos (un gigante di bronzo guardiano di Creta), Lealaps (un cane addestrato) e un giavellotto dalla mira infallibile.
Sarpedonte, dopo la morte del padre putativo Asterione, entra in conflitto con il fratello Minosse per la successione al trono e quindi emigra in Caria, una regione storica nell’ovest dell’Anatolia, dove fonda l’antica città di Mileto.
MINOSSE diventa re di Creta e l’iniziatore della civiltà minoica.
In onore del padre e della madre di quest’ultimo, i Greci diedero il nome di “EUROPA” al continente che si trova a nord di Creta.
I riti del CULTO DEL TORO nelle zone rurali greche erano sacrificali e
spesso avevano luogo all’interno di grotte.
Il toro era spesso identificato con un dio, di solito Dioniso, Zeus o Poseidone, e il sacrificio dell’animale simboleggiava la morte e la successiva rinascita della divinità. Dioniso era a volte anche rappresentato in forma di uomo-toro con le corna alte in testa, e veniva onorato nelle “feste della fertilità”. Un sacrificio del toro è stato incluso anche come parte integrante del culto misterico Elusino di Demetra e Persefone.
TORO e Atleti
Sono già presenti in epoca così remota le raffigurazioni del toro e della particolare usanza degli atleti che si arrampicavano sulle corna del toro usandole come un manubrio da atletica leggera per poi compiere esercizi ginnici sulla schiena dell’animale in movimento; questa particolare prova di agilità e coraggio , a cui si dedicavano atleti di entrambi i sessi, non doveva essere indenne da pericoli, e forse è proprio alla base del
mito del MINOTAURO.
Secondo la leggenda, il MINOTAURO era figlio di Pasifae, la moglie di Menes, o Minosse, re di Creta, e di un bellissimo toro bianco inviato da Poseidone.
Il labirinto del Minotauro
MINOSSE supplicò Poseidone dio dei Mari, fratello di Zeus, di inviargli uno splendido toro bianco per mostrare a tutti la sua benevolenza. In cambio, Minosse lo avrebbe sacrificato in onore del dio. Una volta arrivato il toro, però, l’animale era così bello che il re minoico di Creta decise di tenerselo per sé e sacrificò un’altra bestia.
Poseidone, infuriato, si vendicò facendo innamorare la regina di Creta Pasifae del Minotauro. Posseduta dall’amore innaturale per la bestia, la regina non riusciva a pensare ad altro. Fece dunque costruire a Dedalo, artista di corte, una finta giovenca dentro la quale si sarebbe nascosta per farsi possedere dal toro divino. L’atto sessuale venne dunque consumato all’oscuro di tutti.
Da quest’unione mostruosa nacque, dopo nove mesi, una bestia orrenda: il MINOTAURO. Il piccolo figlio di Pasifae e del toro aveva corpo umano e coda, testa e pelliccia di toro. Ma soprattutto era estremamente violento, dominato com’era dalla sua parte ferina.
Pure il Sommo Poeta Dante Alighieri pone il Minotauro nel girone dei violenti, essendo la perfetta unione fra bestia ed essere umano. Mentre l’Alighieri scende dal VI al VII girone insieme a Virgilio si imbatte nel minotauro che vedendoli freme dalla voglia d’assalirli. Il mostro è così preso dall’ira che inizia a mordere sé stesso.
Inferno, XII, vv 10-21 Parafrasi
cotal di quel burrato era la scesa; così era la discesa di quel burrone infernale;
e ’n su la punta de la rotta lacca e proprio all’inizio del dirupo
l’infamia di Creti era distesa era distesa la vergogna di Creta,
che fu concetta ne la falsa vacca; che fu concepita nella finta vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse, e quando (il Minotauro) ci vide, si morse
sì come quei cui l’ira dentro fiacca. come colui che è sopraffatto dall’ira.
Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse Il mio maestro gridò verso di lui: «Forse
tu credi che qui sia ’l duca d’Atene, credi che qui ci sia il duca d’Atene (Teseo),
che sù nel mondo la morte ti porse? che nel mondo ti procurò la morte?
Pàrtiti, bestia: ché questi non vene Vattene via, bestia: infatti costui non viene
ammaestrato da la tua sorella, seguendo le istruzioni di tua sorella (Arianna),
ma vassi per veder le vostre pene». ma va a vedere le vostre pene».
La natura estremamente violenta di Asterione, il nome umano del MINOTAURO, era tale che re Minosse venne obbligato a rinchiudere il figliastro in un labirinto senza uscita. A costruire l’intricatissimo labirinto fu Dedalo, il famoso artista, che venne rinchiuso insieme al figlio Icaro.
TESEO E IL MINOTAURO
Androgeo - figlio del re di Creta Minosse e di Pasifae - venne ucciso da giovani Ateniesi durante i giochi ginnici per la sua evidente supremazia atletica. Minosse poco dopo vendicherà l'uccisione del figlio, sconfiggendo gli Ateniesi e obbligandoli ad un tributo annuo di sette giovani e sette giovanette da sacrificare dandoli in pasto al Minotauro.
Il leggendario eroe TESEO, figlio del re di Atene, quando arrivò il momento di effettuare la terza spedizione sacrificale si offrì subito volontario per fermare questo abominio ed andare ad uccidere il mostro. Quando arrivò a Creta incontrò la bella ARIANNA, figlia del re Minosse, che si innamorò subito di lui e lo aiutò a ritrovare la via d’uscita dal labirinto donandogli una matassa di filo che, srotolata, gli avrebbe permesso di seguire a ritroso le proprie tracce, e una spada avvelenata che sarebbe servita all’eroe per uccidere il terrificante mostro.
Il resto della storia è noto:
TESEO si imbatte nel MINOTAURO che uccide con la spada e riesce
ad uscire dal LABIRINTO grazie al FILO d’ARIANNA che aveva in
precedenza srotolato …
Il simbolismo del mito del minotauro
MINOSSE non incarna la tipica figura del sovrano-tiranno della Grecia arcaica. Minosse era figlio di Zeus ed Europa, la stessa Europa che, guarda caso, venne rapita dal padre degli dèi sotto sembianze di mastodontico Toro. Il re di Creta era il prototipo del sovrano severo ma giusto, signore di Creta all’apice della potenza minoica e del dominio dell’isola sull’intero Mediterraneo centro-orientale.
Scrive su di lui lo storico Tucidide:
«Minosse, infatti, fu il più antico di quanti conosciamo per tradizione ad avere una flotta e dominare per la maggior estensione il mare ora greco, a signoreggiare sulle isole Cicladi e colonizzarne le terre dopo aver scacciato da esse i Cari ed avervi stabilito i suoi figli come signori. Eliminò per quanto poté la pirateria del mare, come è naturale, perché meglio gli giungessero i tributi.»
(Tucidide, Guerra del Peloponneso I, 4)
La CIVILTA’ MINOICA, come è ormai da tutti accettato e provato,
era molto legata al culto del TORO e del SOLE, una civiltà
solare che riporta tutti i simboli tipici dell’adorazione di questa
divinità. Una divinità che, in alcuni casi, era raffigurata come un
toro.
In un’antica moneta greca trovata dagli archeologi dell’Università di Padova, da una parte vediamo raffigurato il minotauro, mentre dall’altra una svastica. Ovvero il simbolo solare per eccellenza.
Labrys, labirinto e Toro
Per alcuni studiosi la figura del minotauro era sovrapponibile a quella di Minosse. Sempre per questi studiosi, il re di Cnosso era tenuto, come rex et sacerdos, a officiare i riti sacri in onore della divinità solare. Questi riti venivano praticati dal mitologico Minosse utilizzando un copricapo a forma di toro – le CORNA sono da sempre simbolo di regalità, sia in Asia Minore che in Medio Oriente ed in Europa.
Che sia vera o no questa interpretazione del mito, a Creta incontriamo numerosi culti legati alla figura del toro.
Uno fra questi era la Taurocatapsia: il salto del toro. Il rito era estremamente pericoloso e veniva officiato da giovani minoici di fronte al popolo intero. I giovani officianti-atleti avevano come dovere quello di saltare sul toro in corsa mentre venivano caricati.
Alcuni studiosi associano la figura del MINOTAURO a quella del dio fenicio Ball-Moloch, anch’egli legato alla figura del toro. Di conseguenza credono che a Creta ci fosse un culto solare legato alla figura della vacca/toro assimilabile all’adorazione odierna degli Indù per le vacche.
MITO della LABRYS, l’ascia bipenne cerimoniale.
Questo strumento religioso, forse anche bellico, è un’arma rituale estremamente affilata trovata in gran numero negli scavi di Cnosso.
Disegni, rappresentazioni e reperti di labrys sono così comuni nel palazzo di Cnosso a Creta che gli studiosi pensano, a ragione, che da essa derivi il nome del labirinto.
Il LABIRINTO altro non è che il palazzo del re-sacerdote di Creta .
Il mito del Minotauro adombra un culto solare legato alla figura del toro e dell’ascia bipenne, o labrys. La stessa ascia che a Roma avrebbe dato vita al fascio littorio e che presso i vichinghi e gli antichi germani si è tramutata in un martello, il martello di Thor. Quest’arma divina e solare, era intimamente legata al sole ed al cielo, che con la sua pioggia e la sua luce vivificava la terra facendo prosperare l’agricoltura.
CORNA di CONSACRAZIONE – Palazzo di Knossos
Il TORO in quattro capolavori d’arte al Museo di IRAKLION
Nella sala VI ci sono oggetti di vita quotidiana, come grandi vassoi di terracotta con sopra piatti e scodelle, ma sono esposti anche 4 pezzi d’eccezione.
Il primo è la statuina dell’acrobata, che si regge a testa in giù sulle mani con uno slancio del corpo flessuoso, probabilmente nell’atto di praticare l’esercizio ginnico sul toro.
Il secondo è un particolare vaso di steatite nera, un rhyton, ritrovato ad Aghia Triada e datato 1600-1450 a.C., detto “dei pugilatori”, perché rappresenta nelle sue incisioni su 4 file scene di pugilatori e di esercizi ginnici col toro. L’abbigliamento dei pugili ed il movimento delle loro mani ricorda proprio il pugilato moderno. In realtà le incisioni sono un po’ difficili da vedere a occhio nudo, e sono riprodotte in un disegno illustrativo.
Boxer Rhyton da Hagia Triada (1600-1450 a.C.)
Il terzo è un affresco murale celeberrimo, trovato a Knossos, che rappresenta la taurocatapsia, l’esercizio ginnico col toro.
Affresco della Taurocatapsia – Cnosso – 1700-1450 a.C. - SALTO DEL TORO
Il quarto è un bracciale d’avorio con dettagliate incisioni di una tauromachia, con uomini intenti a cacciare il toro con le lance.
DISCO di FESTO
Primo esempio tipografico di stampa a spirale … Dalla spirale al lineare …
Tra i pezzi più importanti e famosi del museo di IRAKLION : il “Disco di Festo”, un disco di terracotta di 15 centimetri, scritto a spirale su entrambi i lati con geroglifici misteriosi che hanno qualche tratto in comune con il “lineare A”, ma che non coincidono con esso, e rappresentano la prima scrittura minoica ancora rimasta non interpretata. Forse erano ideogrammi, forse avevano un senso fonetico di sillabe che ci sfugge. Sono 241 simboli, suddivisi in gruppi da sottili righe, alcuni dei quali si ripetono; la sua datazione archeometrica risale al 1700 a.C.
SERVIZIO DA CENA REALE da Festo - primo periodo palaziale (1900-1700 a.C.)
Un vero e proprio servizio da banchetto di lusso, un insieme coordinato di vasi, coppe, piatti, alzate per la frutta, recipienti da cucina in ceramica policroma con splendidi e fantasiosi disegni.
I motivi delle ceramiche policrome sono geometrici a scacchiera, con foglie d’acanto, e tratti dalle forme della natura, come le spirali, le foglie, i fiori, i frutti, i pesci, le piume degli uccelli, danzatrici stilizzate.
Alcuni originali e splendidi vasi hanno delle applicazioni di fiori chiari in rilievo, che sembrano spuntare dal groviglio di rovi disegnato sulla base del vaso.
Particolari sono le teiere per il tè di erbe, che hanno la forma attuale, con i manici e al di sopra un coperchio bucato che fa da filtro, quando si versa l’acqua bollente sulle foglie.
Alcuni vasi hanno dei disegni floreali dove sui petali viene introdotto il concetto di sfumatura del colore.
Ceramica in stile di Kamares – lo stile pittorico per la produzione fittile che prende il nome da una località dell'isola di Creta, ovvero una grotta sul monte Ida, dove si afferma tra il minoico medio I e il minoico medio II (intorno al 1800 a.C.) come tipo di decorazione vascolare.
È caratterizzato da pochi colori: come il giallo, il rosso e il bianco su sfondo nero e anche da un repertorio ricchissimo che affianca alla spirale tipica del repertorio cicladico temi vegetali e temi marini. In generale il motivo è incentrato sull'elemento geometrico per la decorazione. Molti di questi vasi furono commercializzati in tutto il Mediterraneo, diffondendo il gusto cretese della prima fase del Minoico medio. I vasi appartenenti a questo stile sono ottenuti da una lavorazione con il tornio girevole molto accurata e che richiedeva un alto livello tecnico da parte del vasaio che riusciva a fare vasi dello spessore di un millimetro per questo chiamati a guscio d'uovo.
Nel Minoico tardo si affermò lo stile detto naturalistico, caratterizzato da soggetti tratti dal mondo marino, affiancati a motivi vegetali e astratti spiraliformi. Le rappresentazioni sui vasi raggiungono una spiccata aderenza al soggetto reale, nonostante l'evidente semplificazione del soggetto. L'esempio più celebre di questo stile è la
"Brocchetta di Gurnià"- Museo archeologico di Candia.
SARCOFAGI da Hagia Triada (1370-1300 a.C.) completamente affrescati, di cui il più bello è tutto decorato con motivi geometrici e floreali, scene di vita quotidiana, carri, un sacrificio di un toro, processioni rituali in onore del defunto, rappresentato in lunga tunica bianca nell’atto di ricevere in offerta una barca e alcuni animali.
AFFRESCHI originali dal palazzo di Knossos, in parte ricostruiti partendo dai frammenti esistenti.
Donne (sempre rappresentate con il colore bianco) nelle lunghe ed eleganti gonne e gli stretti corpetti scollacciati , con i capelli in eleganti acconciature ricciute.
Le tre famose “signore in blu” sono frutto di un restauro molto creativo basato su frammenti di affresco. Mostrano i capelli civettuoli e le mani adornate di ricchi gioielli.
Gli uomini (sempre in color cotto) hanno anch’essi i capelli lunghi e una gonna corta.
“La Parigina” - II millennio a.C., da Cnosso, dipinto murario, Museo Archeologico Nazionale di Heraklion
Affresco dei Delfini – Cnosso – 1600-1450 a.C.
DELFINI che nuotano insieme a piccoli pesci rossi si trovavano nel megaron della regina di Knossos.
Nella tradizione classica il DELFINO è simbolo di saggezza e prudenza ed è legato alla rigenerazione e alla divinazione.
Apollo poteva trasformarsi in tutti gli animali, fra cui proprio nei delfini, sovente raffigurati nell'arte minoica.
Apollo Delfino - molto venerato a Creta e in alcune isole egee - potrebbe essere un dio marino minoico.
Nell’arte greca il DELFINO è spesso rappresentato nell’atto di trasportare un uomo sul dorso. Quest’immagine rinvia alla sua funzione di psicopompo, ovvero guida che accompagna le anime dei morti nell'oltretomba.
© Copyright Barbara Caricchi ARTIVAMENTE – Tutti i diritti riservati