Il piccolo borgo dalla tipica architettura alpina si trova in val Cenischia, valle tributaria in sinistra della val di Susa, ai piedi del Colle del Moncenisio, nei pressi del confine italo-francese.
NOVALESA :
Novalèisa in piemontese, Nonalésa in francoprovenzale, Novalaise in francese
Si arriva seguendo la Strada Reale (l’antica Via Francigena) e si ha la sensazione di entrare in un borgo rimasto immutato nel tempo costruito attorno alla stretta Via Maestra, parte della strada antica di Francia che dal Medioevo (con la fondazione dell'abbazia di Novalesa da parte dei Franchi nel 726) al XIX secolo conduceva al Colle del Moncenisio.
Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano - Photo Mauro DRAGONI
Antoine de Lonhy (bottega), polittico della Natività, 1500 ca. (Novalesa, Chiesa parrocchiale di Santo Stefano)
LOCANDE e AFFRESCHI
Il passaggio della strada internazionale faceva del paese di NOVALESA e delle sue locande un posto tappa fondamentale ai piedi del valico, decretandone la fortuna economica e lasciando in loco pregevoli opere d'arte alpina. Il borgo è costellata di affreschi antichissimi, a volte un po’ sbiaditi, ma quasi sempre ancora leggibili.
Raro esempio di locanda medioevale - la Casa degli Affreschi (identificabile forse con la Locanda della Croce Bianca, citata nei testi a partire dal XIV secolo) - ha preso il nome dalle sue decorazioni. In facciata esterna, quasi una pubblicità del rango della sua ospitalità e una garanzia per i viaggiatori, stemmi sabaudi e delle casate principesche europee. Nel doppio ambiente interno ben conservato, pitture che riproducono tendaggi e decorazioni di fiori.
In un grande edificio poco oltre la Chiesa si notano tracce di una balaustra in legno: era l’ albergo Ecu De France / Epée Royale, dove soggiornò anche Napoleone Bonaparte.
E’ divertente la testimonianza di una viaggiatrice, Filippina de Sales, che soggiornò in questo albergo nel 1781.
“[…] ci dirigiamo verso un albergo, l’Ecu de France, secondo mio marito più confortevole. In effetti dopo qualche discussione e l’incentivo di alcune monete d’argento, un ‘ostessa dalla corporatura di granatiere, con un non lieve accenno di peluria sul labbro superiore e il largo viso incorniciato dalla cuffietta increspata tipica di questi posti, acconsente a cederci delle camere abbastanza comode e pulite e a servirci immediatamente un pasto caldo […]”.
Gli affreschi più spettacolari di NOVALESA decorano la facciata della
canonica della parrocchiale.
Riquadri ordinati in tre ordini sovrapposti mostrano in alto le sette virtù (umiltà, generosità, castità, carità, astinenza, pazienza e diligenza) raffigurate da virtuose donne affiancate dal proprio angelo custode;
al centro i sette vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia) rappresentati da uomini a cavallo di animali simbolo del proprio peccato;
in basso i tormenti inflitti dai diavoli ai peccatori condannati all’Inferno. Una dimostrazione realistica delle torture inflitte nelle carceri del XIII secolo.
Rouà de Sècapòn, una delle tante vie di Novalesa
Plahe di Marón, la Piazza dei Marrons dove anticamente i viaggiatori contrattavano i portatori (i marrons) per il Colle del Moncenisio.
Qui venivano smontate le carrozze da trasportare a dorso di mulo e rimontare oltre il passo … qui iniziava il lungo percorso di uomini e animali fino al punto in cui, dopo molte ore di penosa fatica, iniziava la discesa verso Lanslebourg. Una discesa incredibilmente veloce in inverno quando, saliti su rudimentali slitte, le ramasses, un tempo formate solo da fasci di rami, si poteva scivolare a folle velocità lungo il pendio e giungere a destinazione in soli 10 minuti!
ABBAZIA di NOVALESA dedicata ai santi Pietro e Andrea
Di fronte all'abitato della Borgata San Pietro spicca l’abbazia risalente al 726 d.C. e attorniata da antichissime cappelle poste fra i prati.
Sulla sinistra dell’antica strada che conduceva al convento si trova la CAPPELLA DI SANTA MARIA, un piccolo e semplice edificio a navata unica con abside squadrata. Nell’abside con copertura a botte si trovano due affreschi quattrocenteschi.
CAPPELLA DI SANTA MARIA - Photo Mauro DRAGONI
Ai piedi del Colle del Moncenisio , a servizio della Via Francigena,
l' ABBAZIA di NOVALESA venne fondata dal patrizio merovingio Abbone che la
dotò di ricchissimi possedimenti.
A causa della sua posizione strategica, Carlo Magno ne fece un avamposto privilegiato per l'avanzata dei Franchi verso l'Italia e ne accrebbe ulteriormente i possedimenti. Proprio nell'epoca carolingia il monastero visse il periodo di maggior splendore, divenendo uno dei fari della diffusione della cultura europea.
Abbandonata tra il 906 e il 926 a causa delle scorrerie saracene, fu ricostruita a partire dal XII secolo da un gruppo di monaci provenienti dall'abbazia di Breme, fondata dalla comunità novalicense dopo la fuga dalla casa madre.
ABBAZIA DI NOVALESA - Photo Mauro DRAGONI
L’ ABBAZIA di NOVALESA è stata da poco restaurata e ospita, oltre alla pregevole
cappella affrescata di S. Eldrado (XI secolo, con un doppio ciclo su Eldrado e
su San Nicola di Bari, uno dei primi esempi in Europa occidentale), anche un museo
archeologico e un museo di restauro del libro.
Presso l'abbazia è stata rinvenuta la sepoltura di un uomo corredata da una conchiglia, probabilmente un pellegrino di ritorno da Santiago di Compostela.
Processione in onore del patrono Sant’Eldrado, le cui spoglie sono custodite all’interno di una preziosa urna in argento sbalzato e dorato che una volta all’anno torna dalla parrocchiale del paese (Chiesa di Santo Stefano) alla cappella dedicata al santo, situata nel recinto dell’Abbazia della Novalesa.
Processione 2019 con S.E. Alfonso Bandini Confalonieri Vescovo di Susa e i Templari Cattolici d'Italia
Sant'Eldrado, dal ciclo di pitture della cappella di sant'Eldrado, ABBAZIA di NOVALESA (XI secolo)
Eldrado fu abate dell'abbazia di Novalesa nella prima metà del IX secolo; è considerato santo della Chiesa cattolica. Nacque nel 781 nella piccola città di Ambel, nel dipartimento dell'Isère attuale, a metà strada tra Grenoble e Gap.
Apparteneva a una famiglia dell'aristocrazia guerriera franca; i suoi genitori, Aldrado e Léodda, proprietari del castello Ambel, gli diedero un'educazione religiosa e intellettuale. Divenuto orfano a 20 anni, donò i suoi beni ai poveri e ai pellegrini, e cominciò a lavorare la terra. Poi decise di abbandonare tutto e, attraversate la Provenza e la Linguadoca, raggiunse in pellegrinaggio San Giacomo di Compostella. Quando ritornò verso le Alpi, bussò alla porta dell'abbazia di Novalesa, presso Susa. Ma l'abate Arnulfo, volendo provare la sua determinazione, gli diede un bastone e una sacca da pellegrino e lo inviò sulla strada. Nell'814, fu finalmente ammesso a Novalesa.
Poi fu nominato abate: due documenti, dell'825 e dell'827, accennano esplicitamente ad Eldrado chiamandolo abate di Novalesa.
Particolarmente solerte nell'assistere i pellegrini in grande pericolo sulle strade del tempo, mandò i suoi monaci dall'abbazia in vari luoghi per accogliere e la proteggere i fedeli. Fu il fondatore di un monastero nella valle Guisane, vicino a Briançon: il cenobio è scomparso, ma il villaggio che si era formato intorno a esso è rimasto, e ha mantenuto il nome Monêtier, ora Monêtier-les-Bains.
Le reliquie di Sant’Eldrado sono custodite in un'urna d'argento
sbalzato nella chiesa parrocchiale di Novalesa.
La sua festa si celebra il 13 marzo.
Un pellegrinaggio si tiene ogni anno la prima domenica del mese di luglio, a Monestier-d'Ambel.
Martirologio Romano:
"Nel monastero di Novalesa ai piedi del Moncenisio in val di Susa,
sant'Eldrado, abate, che, appassionato del culto divino, riformò il
salterio e promosse la costruzione di nuove chiese".
I Marrons del MONCENISIO : una storia lunga oltre dieci secoli
Valicare il Moncenisio fino al XIX secolo non è esente da pericoli. Nella breve estate alpina le difficoltà sono limitate alle disagevoli condizioni della mulattiera, in alcuni punti a strapiombo, dissestata dalle intemperie e dal frequente passaggio di muli e cavalli, ma in inverno a questo si assomma il timore di essere sorpresi dalla tormenta e dalle valanghe.
Occorre allora assoldare i Marrons, guide ante litteram o portatori, in genere gli uomini più validi dei villaggi prossimi al valico. Dietro compenso, i marrons mettono la conoscenza della montagna al servizio dei viaggiatori, allertandoli e aiutandoli nei punti più impervi e ghiacciati, guidandoli ai luoghi di sosta, dissuadendoli dall'idea di partire o proseguire se le condizioni atmosferiche diventano proibitive, riconoscendo i tratti di strada esposti al rischio di valanghe.
La loro abilità garantisce alti livelli di utilizzazione del valico anche nei mesi invernali.
Calzano scarpe senza tacco, con la suola ricoperta da uno strato di cera impermeabilizzante su cui vengono attaccate graffe di ferro: una specie di primitivi ramponi che garantiscono una presa sicura nei punti più ghiacciati.
All'occorrenza guidano, nella discesa, le slitte in luogo dei muli, che le trascinano sul pianoro del Cenisio, riuscendo a coprire la distanza fra la Ramasse e Lanslebourg in circa nove minuti.
Nel X secolo Odillo de Cluny afferma, nella sua Vita di S. Giraldi, che siano detti “Marrucci” e così li descrive: guidano i viaggiatori per pendii scoscesi “facendo loro innanzi la pesta e anche portandoli a braccia o a cavalluccio”.
Fra i tanti viaggiatori che nel corso dei tempi valicano il Moncenisio, avvalendosi dei servigi dei Marrons, nel 1077 è il turno dell' imperatore Enrico IV di Sassonia, diretto a Canossa per ottenere la revoca della scomunica, accompagnato dal figlioletto Corrado e dalla moglie Berta, figlia di Adelaide, Marchesa di Susa. “Arrigo scese tutto a piè, ma sovente dava stramazzi sul ghiaccio e smucciato a un tratto, faceva scivoloni crudi e tombulate che tutti gli scerpavano i panni addosso”.
Il vocabolo Marron lo si fa arrivare dal biellese: una persona che si sottopone a duri servizi. Si afferma poi il termine Marronage: vocabolo del patois savoiardo e valdostano riferito alla professione di guidare i viaggiatori con muli, slitte, portantine o bussole, a seconda della stagione. Adatti a dure fatiche, vere bestie da soma, non solo le guide di Lanslebourg, di Novalesa e di Ferrera vengono chiamate Marrons, ma anche quelle di Saint Germain de Séez per il Piccolo San Bernardo e quelle valdostane di Etroubles e di Saint -Rhémy per il Gran San Bernardo.
CADREGA e RAMASSE
A seconda della stagione e delle possibilità economiche l'attraversamento avviene con modalità diverse: a piedi, in cadrega (una rudimentale portantina in legno o vimini che i marrons reggono sulle spalle o aiutandosi con cinghie di cuoio) o su fragili ramazze o ramasse, rustiche slitte in vimini a fondo piatto.
Ne dà un'accurata descrizione l' Abate Giovanni Rucellai, che fa parte della delegazione toscana inviata a Parigi con l'incarico di presentare a Luigi XIII le condoglianze per la morte della madre, Maria De Medici, avvenuta il 3 luglio 1642.
Ancora in quegli anni, ma soprattutto negli antecedenti, sia pellegrini che viaggiatori facevano testamento prima di affrontare la montagna, e i Marrons avevano l'incombenza di guidare “bona fide et sine fraude personas et res”, ossia dovevano essere persone oneste. Non sempre però era così, e le testimonianze dei tanti viaggiatori ce ne restituiscono un'immagine ambivalente …
Rabelais, sceso varie volte a Roma, nel suo Pantagruel del 1532 accomuna i Marrons ai grandi uccelli rapaci delle alte vette.
Durante il XVI secolo il Moncenisio diventa il più importante valico
di tutte le Alpi Occidentali, sovrastando totalmente il Monginevro.
Il crescente diffondersi delle carrozze fa la fortuna di Novalesa, che diviene una tappa d'obbligo per chi valica il colle: qui la strada, praticabile dalle vetture, termina in una mulattiera, e le carrozze devono essere smontate e trasportate a dorso di mulo, o rimontate per chi giunge dalla Savoia e le ha smontate a Lanslebourg. Nel paese dunque obbligatoriamente si pernotta e si passa la dogana: sono presenti 42 osterie, diverse case adatte a ospitare viaggiatori, stalle, muli, centinaia fra sedie, portantine e slitte.
Il Cardinale Guido Bentivoglio, Nunzio Apostolico a Parigi dal 1616 al 1621, in due lettere in cui racconta di due passaggi al Moncenisio, avvenuti negli inverni di quegli anni, definisce i Marrons “alti per lo più di statura, vigorosi e agili... ma inculti e rozzi… hanno più del selvaggio che dell'umano.”
Con la Rivoluzione Francese si interrompono i commerci e le strade cadono in rovina.
C'è una sostanziosa ripresa nel corso del Primo Consolato e della prima campagna di Napoleone in Italia (1796-1797): per lo più un passaggio di truppe che con il gran numero di militari e bagagli congestiona gli alberghi di Ferrera e Novalesa.
Napoleone attraversa per la prima volta il valico nel 1797 in viaggio
da Milano a Parigi.
Con decreto del 20 febbraio 1801 ordina la costruzione di una grande strada totalmente nuova a favore del tracciato che da Bar scende a Giaglione e a Susa. Vengono fondate 24 case di ricovero. Al decimo km da Susa (Molaretto) un vasto fabbricato, costruito accanto alla strada, serve per il cambio dei cavalli/muli adibiti ai trasporti.
Nel 1809 la grande strada viene aperta alla circolazione, partendo
dai 1.400 m. di altitudine di Lanslebourg, toccando i 2.080 al
Moncenisio, scendendo ai 500 di Susa: è la fine del lavoro per i
Marrons e l'inizio del declino economico per la Val Cenischia.
Uguale sorte al Monginevro: la costruzione, voluta sempre da Napoleone, della “Route d'Espagne en Italie”, pone anche qui fine ai servigi dei Portatori e agli introiti che ne venivano: la comunità ritroverà un certo benessere solo all'inizio del 1900 con lo sviluppo del turismo legato agli sport della neve.
liberamente tratto da www.laboratoriovalsusa.it
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