< Ci si vede al FORTE ! > Dei MARMI ovviamente, la perla della

VERSILIA tra MARE e MONTI : il blu del Mar Tirreno e il bianco delle

Alpi Apuane.



PONTILE  La MANCINA   Il FORTINO  La CAPANNINA  Carlo CARRA’



“Noi gente di Forte dei Marmi, senza il pontile perdiamo l’orizzonte”
Fabio Genovesi, scrittore

Quando la città divenne uno snodo cruciale per lo scalo dei MARMI che arrivavano dalle vicine Apuane, non bastò più caricare i blocchi e le lastre sui navicelli direttamente dalla spiaggia e perciò venne costruito un lungo PONTILE CARICATORE al fine di agevolare il carico dei bastimenti.

 

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Forte dei Marmi, Vittoria Apuana - Foto storica



Era il 1877 e il PONTILE, su progetto di Giovanni Costantini, era largo 5 metri e lungo 325. La struttura in legno era dotata di binari per facilitare il transito dei carrelli di carico e di un treno a vapore che così potevano arrivare fino alle navi.

 

 

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All’estremità fu collocata una gru detta “la Mancina” i cui resti, recuperati dal mare nel 1986 su iniziativa della Compagnia della Vela, sono stati trasformati nel Monumento dedicato ai lavoratori del mare, nella pineta tra via Spinetti e il viale Italico.

 

 

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Forte dei Marmi, 1925



Intorno al 1930 il PONTILE fu allungato e dotato di un cancello e di una piccola cabina per il guardiano.

Contribuì in maniera determinate alla crescita economica ed al conseguente sviluppo demografico della città.

Poco più di un decennio dopo, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne bombardato e distrutto: fu ricostruito nel 1955, in cemento armato, ed è così che è giunto fino a noi con i suoi 275 m di lunghezza.

 

 

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Ancora oggi il PONTILE è luogo del cuore di tutte le generazioni di fortemarmini … è frequentato da pescatori, artisti, abitanti e turisti … d’estate ospita importanti eventi culturali, musicali e mondani, oltre ai celeberrimi fuochi artificiali del 28 agosto per la festa in onore di Sant’Ermete - Patrono di Forte dei Marmi. Da qui è possibile ammirare il panorama marino, le Alpi Apuane dal Sagro fino al Matanna - con la maestosa presenza della Pania proprio al centro - e tutta la costa, dalle isole Spezzine fino a oltre Viareggio.

 

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Nello slargo circolare di accesso al pontile il gruppo scultoreo “Il Centro del Cielo” (2000) dell’artista ceca Anna Chromy : “Odisseo Controvento” circondato dalle “Quattro Costellazioni”.

 

 

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Un uomo e una donna abbracciati al tronco di un grande ulivo

 

 

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“Ki” - la monumentale scultura in bronzo alta 7 metri di Andrea Roggi si inserisce tra le iniziative di Pasqua 2024. Fino al 15 giugno sul Pontile di Forte dei Marmi.

< Nella sua maestosa grandezza, l’opera di Roggi cattura l’essenza di questa energia primordiale che nutre non solo il nostro corpo, ma anche la nostra mente e il nostro spirito ed invita gli spettatori a riflettere sull’importanza di mantenere un equilibrio armonioso con il mondo che ci circonda e a coltivare un profondo senso di equilibrio interiore >

Questo monumentale Albero della Vita – celebrazione dell’interconnessione tra materia e spirito, tra cielo e terra – rappresenta la sintesi perfetta della poetica del Maestro Roggi ed è ispirato all’opera Energia della Vita, creata insieme al gioielliere statunitense Martin Katz.

 

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Ai piedi del Pontile dove un tempo c’era il baracchino dei pescatori per la vendita del pesce appena pescato oggi sosta irrinunciabile a PESCE BARACCA – Mercato e cucina : street food e ristorante.

 

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Al tramonto aperitivo sul tetto !!

 

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Monumento ai lavoratori del mare, inaugurato il 1° maggio 1995.


“Che traffico intorno a quel ponte! E’ un continuo andi rivieni di navicelli,
di carri pieni di marmi, di uomini. Su tutti domina la Mancina”


Giorgio Giannelli – La Bibbia del Forte dei Marmi – Ed. Versilia Oggi

 

La MANCINA - collocata alla testa del PONTILE CARICATORE di Forte dei Marmi nel 1877, potente gru di ferro così chiamata perché girava solo sulla sinistra - veniva usata per deporre il carico nelle stive dei Bastimenti. Poteva sollevare fino a 12 tonnellate.

Quando nel settembre del 1943, con l’occupazione delle forze armate tedesche, il “Pontile Caricatore” fu abbattuto perché considerato possibile appoggio per le truppe nemiche, anche la “Mancina” colò a picco nel mare.


La prima iniziativa di recupero avvenne nel settembre del 1986 ad opera dei sub Giuseppe Lottini ed Enrico Boncompagni. Il 24 novembre 1993, Giuseppe Foffa, Presidente dell’Associazione dei Lavoratori del Mare, riprese l’operazione al fine di realizzare un monumento alla memoria della Mancina che fu infatti inaugurato il 1 maggio 1995, su progetto dell’architetto Tito Salvatori.

 

 

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Il monumento unisce i vari reperti, semidistrutti e spezzati (l’asse principale, il castello degli ingranaggi e parte di una ruota dentata). Nel basamento sono inseriti tre bassorilievi in marmo bianco realizzati dallo scultore Rino Giannini che raccontano l’arduo lavoro del trasporto dei marmi dalle cave al mare.

 



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Nella prima scena (lato Est) è rappresentata l’estrazione del marmo in cava. In secondo piano è raffigurata la “lizzatura”. Con questo termine si indica il metodo con cui, dall’epoca egizia fino agli anni sessanta del Novecento, si trasportavano i blocchi di marmo dal piazzale della “cava” fino a valle. Il termine lizzatura deriva direttamente dalla slitta su cui i blocchi venivano legati e fatti scivolare su travi lignee lungo la via, detta “lizza” che scendeva fino al “poggio”, una sorta di scalino utilizzato per caricare i blocchi sul “barroccio”; carro di legno trainato da coppie di buoi. In primo piano è raffigurato un locomotore che esce dalla galleria del Cipollaio di Arni, costruita per far passare la “ferrovia” che dalle cave arrivava fino a Forte dei Marmi; solo in un secondo tempo fu utilizzata come strada.

 

 

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Nella seconda scena (lato Sud) è raffigurato il passaggio del barroccio o membrucca dal Fortino “Leopoldo I”, nella cui piazza, oggi Piazza Garibaldi, venivano appoggiati i blocchi o le lastre di marmo in attesa di essere caricati sui Navicelli. Il barroccio veniva utilizzato per il trasporto dei blocchi mentre la membrucca (carro con le sponde) per il trasporto delle lastre. Sullo sfondo si nota: il “pozzo” utilizzato per rifornire i Navicelli in partenza e abbeverare gli animali; la fontana detta ”nasone”; il caffè in cui nacque ”Al Quarto Platano”, cenacolo di artisti e intellettuali; una barca poggiata sui pali in attesa di essere riparata. A finire, un carrello su rotaie a rappresentare l’evoluzione industriale. Sotto al rilievo, la scritta “AI LAVORATORI DEL MARE” esprime appieno il messaggio che i cittadini di Forte dei Marmi vogliono ricordare attraverso la Mancina, a memoria del duro lavoro svolto in un tempo ormai lontano e di un paesino in riva al mare cresciuto attorno al Fortino.

 

 

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Nella terza scena (lato Ovest), sullo sfondo è raffigurato il Fortino “Leopoldo I” ed il Campanile della “Chiesa di Sant’Ermete”. Le barche sui pali ed alcuni edifici del paese sembrano segnare il giorno di riposo. In questa scena la “Mancina” viene messa in risalto dalla prospettiva del “ponte caricatore”, il cui punto di fuga volge lo sguardo fino ai monti tracciando una linea virtuale che ci riporta alla “Via di Michelangelo”, via sulla quale tutto ebbe inizio. A finire è raffigurato un Navicello in partenza. Sembra avviarsi verso i tempi moderni per arrivare ai giorni nostri e ricordare che la “Mancina” è parte importante della storia di Forte dei Marmi.

 

 

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In Piazza Garibaldi campeggia la struttura quadrangolare del FORTE LORENESE - noto a

tutti come “Il FORTINO”.

Nato come fortificazione nel 1788 per volontà del Granduca di Toscana Leopoldo I di Lorena al fine di rendere sicuro il luogo in via di bonifica, ma ancora paludoso, e promuovere linsediamento urbano, è l’edificio che dà il nome a FORTE DEI MARMI.

Gli iconici angoli smussati che guardano il mare fanno da base a tre piani e due torrette: una per esporre la bandiera, l’altra per segnalare pericoli con il fumo.

La struttura, nata originariamente per difendersi dai pirati, sorgeva in un grande piazzale, oggi Piazza Garibaldi, che era il centro del commercio dei marmi e delle merci provenienti dalle colline. Il Fortino fu presto utilizzato anche come magazzino della dogana, alloggi, caserma della guardia, cucine, cisterna per l’acqua potabile. Più di recente, fu sede della Guardia di Finanza, della Delegazione della Spiaggia, dell’Ufficio Postale. Dal 1988 è stato acquisito come patrimonio comunale: dopo un attento restauro, è oggi sede di prestigiose mostre, eventi culturali ed esposizioni di rilievo.

Il pozzo fu posizionato in Piazza Garibaldi nel 1842, dove si trova ancora oggi. L’acqua del pozzo veniva utilizzata per rifornire le navi in partenza e abbeverare gli animali che trainavano carri, carrozze e diligenze per il trasporto di merci e persone.

La fontana di Piazza Garibaldi, eretta nel 1900, riporta l’emblema del Comune di Pietrasanta e la seguente iscrizione: “Il Municipio di Pietrasanta, Puliti e Frullani Sindaci, volle, compiendo il progetto Andreotti, arricchire il Forte dei Marmi d’acqua abbondante e salubre”. La fresca acqua potabile della fontana, da allora, disseta cittadini e visitatori di Forte.



Le eleganti vetrine di FORTE dei MARMI

 

 

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La chiesa di Sant’Ermete, costruita a fine 1800, è dedicata al santo patrono della città.

Il Deposito della Magona, costruito nel 1618, era in origine un magazzino del marmo e successivamente del ferro.

La Magona era l’istituzione che gestiva il monopolio del ferro, creata nel 1540 da Cosimo I dei Medici (sull’edificio è presento lo stemma della storica famiglia fiorentina). Il ferro arrivava dalla vicina Isola D’Elba, situata nel mare di fronte a Livorno, per poi essere lavorato in Alta Versilia.

 

Di notevole interesse è lintero assetto urbanistico di FORTE DEI MARMI ed in particolare il quartiere Roma Imperiale dove sono disseminate ville disegnate dai migliori architetti come Michelucci, Giò Ponti e Pagano, nonché alcune costruzioni come Villa Costanza per la famiglia Agnelli, oggi Hotel Augustus, con il suo sottopassaggio che porta direttamente in riva al mare e il più antico night dItalia - La CAPANNINA di Franceschi.

 

 

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Sopra le mode, seppure sempre di moda, la CAPANNINA è di fatto il locale più longevo del Vecchio Continente e può vantare 4 anni in più dello storico Maxim di Parigi …

Era il 15 agosto 1929 quando, grazie alla visione di < un ex sindaco, intrepido e ottimista >, come lo definì Indro Montanelli, amico di famiglia, fu inaugurata la Capannina. Già Sindaco di Forte dei Marmi, appunto, è grazie al sor Achille Franceschi, come veniva chiamato, se la meta di villeggiatura più à la page d’Italia si è costituita comune a sé: fino al 1914, infatti, Forte dei Marmi era solo una frazione di Pietrasanta.

Franceschi ebbe la felice idea di riadattare una vecchia capanna sulla spiaggia che misurava 3 metri per 4 ed era adibita a deposito per gli attrezzi dei pescatori locali. L’acquistò grazie a 1000 lire, che la moglie Nella gli diede in prestito, la sfondò da tutti i lati, la ripulì, quindi la coprì con un tetto di frasche. La rivestì di tela di sacco e la tinse di verde, avorio e arancione: gli storici colori dello storico locale. Sotto la tettoia posticcia infilò dei tavoli di legno e qualche sedia di paglia e di corda. E costruì un piccolo bar.

 

 

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Il posto senza pretese divenne presto punto di ritrovo per i villeggianti nobili della zona: i principi Belmonte, Del Drago e Rospigliosi, i conti Piccolomi, Spalletti e Rucellai, il duca Canevaro, il marchese Cinzano, tutti riuniti in nome del buon bere e di qualche chiacchiera leggera. A dieci passi dal mare.

Il successo del neonato locale – che fra l’altro diede i natali al famosissimo Negroni, inventato proprio fra le quattro mura dall’omonimo Conte - varcò presto la Versilia ed arrivò fino a Firenze per raggiungere poco dopo la più lontana Milano.

Questa fortuna inattesa sbigottì lo stesso Achille che a fine stagione buttò giù i tre metri per quattro per farne un locale più attrezzato in vista della stagione estiva successiva.

Il secondo anno di vita della Capannina consacrò i fasti del primo. Sotto la rudimentale tettoia c’era spazio per ballare e così, per poter intrattenere al meglio la pregiata clientela, il proprietario di quella capanna in espansione mandò a comprare uno dei primi grammofoni elettrici dell’epoca, un Pansthrop Brunswich. Gli costò circa 27 mila lire che, si narra, Franceschi pagò con un mazzo di cambiali.

Il Pansthrop Brunswich accontentò molti, ma non la duchessa D’Assergio, la quale, appoggiata nella villa antistante per il suo soggiorno vacanziero, lamentava il fracasso del grammofono. La duchessa voleva dormire.

L’anno successivo il sor Achille, visionario come già detto, decise di aggirare l’ostacolo: al posto dell’aggeggio rumoroso che tanto disturbo aveva dato alla nobildonna mandò un amico a Parigi per scritturare un’orchestra di ragazzi di colore. Nasceva così, quasi per ripicca, il primo vero night estivo con orchestra, facendo risplendere nella sua unicità questa capanna che, senza troppe pretese, stava contribuendo a costruire parte della storia del costume del nostro Paese.

Durante gli anni Trenta era di moda sedersi ad un tavolo de La CAPANNINA al tramonto e sorseggiare un Negroni. Tra gli astanti si potevano scorgere nobili quali Della Gherardesca, Rucellai, Rospigliosi e Sforza; poeti ed intellettuali del calibro di Repaci, Ungaretti, Montale, Levi e Pea.



Nel 1939 la Capannina bruciò. Nel tempo record di 62 giorni venne ricostruita, completamente diversa da quella andata distrutta, su progetto dell’architetto Maurizio Tempestini di Firenze a cui si deve anche la Bussola, altro storico locale della riviera.

 

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Negli anni del boom economico La Capannina ha rappresentato il ritrovo di grandi industriali, politici internazionali, divi del cinema e teste coronate.

Sulla pedana del locale inventato dalla famiglia Franceschi si succedettero le stelle più brillanti del firmamento artistico mondiale. Da Paul Anka ai Platters, fino a Ray Charles e Edith Piaf, che l’8 agosto 1959 fece a Forte dei Marmi la sua unica apparizione davanti al pubblico italiano.

 

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Sala da ballo


Nel 1977 Gherardo Guidi e la moglie Carla ne acquisiscono la proprietà, consolidandone l’immagine fino ad oggi. In quegli anni molti artisti hanno legato il proprio nome a quello del mitico locale, trovandovi la consacrazione alla propria carriera: Gino Paoli con Sapore di Sale, Edoardo Vianello con Pinne fucile e occhiali e Bruno Lauzi con la sua Ritornerai hanno dipinto l’immaginario di un’epoca insieme a Grace Jones, Gloria Gaynor, Billy Preston, Ornella Vanoni, Patty Pravo e così via.

 

 

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Ora come allora : stesse poltroncine e stessi divani, tappezzeria originale … soffitto coperto di vimini, cotto per terra, le sedie in legno di pino e faggio, avorio, arancione e verde, quel verde che negli anni ’50 venne definito “verde Capannina”.

 

 

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\\\\\\\\\\\\\\\"La CAPANNINA di Franceschi\\\\\\\\\\\\\\\" anni ‘50

 

 

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Carlo Carrà, Lido a Forte dei Marmi, 1927

 

 

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Carlo Carrà, Veliero e molo, 1930

 

Carlo CARRA’ amava Forte dei Marmi. Attratto dalla natura incontaminata della costa, costruì una casa nel quartiere Roma Imperiale.

Qui trascorse lunghi periodi, dedicandosi alla sua arte e frequentando il Caffè “Al quarto Platano”, oggi Caffè Roma,che divenne punto di ritrovo di grandi personalità del panorama letterario ed artistico italiano del ‘900 : Eugenio Montale, Enrico Pea, Carena, Soffici, Gentile, Viani, Primo Levi e Giuseppe Ungaretti.


Carlo CARRA’ amava illustrare i luoghi in cui viveva, trasfigurando in arte il paesaggio reale.

 

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Un lungo itinerario a Forte dei Marmi porta alla scoperta di trenta dipinti dell’artista riprodotti nelle misure reali su materiali adatti all’esterno grazie al supporto della tecnologia e posizionati negli stessi luoghi ritratti dal pittore per mostrare come il paesaggio cittadino sia rimasto quasi immutato nel tempo.

Dalla Chiesa alla piazza del Fortino fino al Pontile, con uno sguardo al paesaggio delle Alpi Apuane.

 

 

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                      Carlo Carrà, Le Apuane, 1941 e Paesaggio apuano, 1942

 

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Carlo Carra  Le Apuane 1941 

 

 

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Dal lungomare assolato con una sosta negli stabilimenti balneari Beppe e Vittoria frequentati dal pittore alla quieta frescura di Roma Imperiale dove Carrà dipinse i sei ponti sul Fiumetto, spingendosi fino alla foce del piccolo fiume a Marina di Pietrasanta, dove ritrasse il Ponte del Principe.

 

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Negli anni Ottanta FORTE DEI MARMI divenne famosa per la serie di film Sapore di mare, ambientati però negli anni Sessanta, quando il boom economico era tutto italiano.

Negli anni Novanta cominciarono ad arrivare gli stranieri, prime fra tutte le star in cerca di relax dopo le fatiche del Festival di Cannes. Qui trovavano la classe e l’eleganza della Costa Azzurra, senza però lo snobismo diffuso che la caratterizza.



Estate 2023 - Gustavo Velez, artista colombiano di fama internazionale, a FORTE con 8 monumentali sculture in marmo, acciaio e bronzo collocate tra il lungomare e le vie del centro della città, in un dialogo costante e diretto con gli spazi urbani e il paesaggio circostante.

< La traduzione scultorea di danza e musica, allestita da Gustavo Velez nella terra dei nobili marmi seguendo l’astrazione geometrica di forme e linee, è un invito a riflettere sui concetti di equilibrio, di armonia, di essenzialità, di pulizia, di leggerezza, di libertà, che non riguardano solo l’arte ma, in maniera più rimarchevole, la vita stessa > Domenico Piraina, storico dell’arte

 

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Cono Geometrico (2022) – Imponente scultura in marmo bianco di Carrara sul Lungomare ai piedi del pontile.

 

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Expansion Geometrica II (2021) in acciaio e Dual (2022) in statuario carrarino in piazza Garibaldi. 

 

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La Vittoria che calpesta il nemico, 1937 - monumento ai caduti di Arturo Dazzi, artista nato a Carrara nel 1881 e figlio di proprietari di cave. Dopo un periodo in America e studi all’accademia di Belle Arti di Carrara si trasferì al Forte nel 1926 dove morì nel 1966.

La Vittoria, resa nella sua maestosità ed eleganza, ripropone le fattezze proprie della scultura neoclassica. Fiera nello sguardo e armoniosa nella posa, è ritratta mentre sovrasta il nemico accasciato a terra riverso su se stesso.

Ai piedi della statua si trova una vasca in marmo, utilizzata come abbeveratoio per i buoi e i cavalli che trasportavano la pietra dai monti al mare.




“Quando il treno a vapore univa Arni a Forte dei Marmi”

E’ ormai risaputo quanto la Versilia sia legata all’attività estrattiva delle montagne vicine, i blocchi di marmo venivano fatti scendere dalla montagna con la lizza e poi carri trainati da buoi maremmani portavano la carica a valle.

 

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Trasporto di MARMI in Val d’Arni

Nell’Ottocento per ammortizzare il costo del trasporto si era pensato di creare una rete tranviaria per unire le cave alla riviera e nel 1874 venne siglata una convenzione tra la Provincia di Lucca e la Società d’Arni. Il 21 ottobre 1878 la via d’Arni venne dichiarata agibile e la “ciabattona”, grande trattrice a vapore con robuste ruote d’acciaio, iniziò a trasportare i blocchi a marina.

Alla ciabattona, così chiamata per la sua lentezza e pesantezza, subentrò poi la tranvia.

Nel 1913 infatti la Carrara Versilia Electric Railway and Power Limited ottenne la concessione per la realizzazione di una rete a scartamento metrico lungo quasi 24 chilometri.

I lavori vennero affidati a una ditta inglese e la T.E.V. (Tranvie Elettriche Versiliesi) toccò inizialmente solo Querceta, Seravezza e Pietrasanta.

Successivamente il capolinea venne localizzato nei pressi del Fortino al villaggio di Forte dei Marmi e il tram raggiunse anche Trambiserra e dopo sei anni Pontestazzemese.

Nel 1923 venne aperto il tratto Jacco-Pollaccia e nel 1926 la tranvia raggiunse il paese di Arni fermandosi a  Tre Fiumi.

Diverse sono le foto che ritraggono il trenino al Ponte del Bosco nei pressi di Levigliani. Lì arrivava la lizza e Ettore e Giovanni Neri si occupavano di caricare il vagone lasciato vuoto dalla tranvia durante il tragitto verso Arni. Al suo ritorno il vagone veniva agganciato alla locomotiva e d’obbligo era la fermata alla Pollaccia per il rifornimento di acqua. Il trenino aveva anche scopi “benefici”: < Per guarire dalla tossa cattiva venni portata all’interno della galleria di Retignano per respirare i fumi del treno. Lo scopo era quello di procurarmi una gran tosse così da velocizzare la guarigione >, ricorda Anna Verona.



La corsa all’oro bianco nelle Alpi Apuane


La catena si chiamava Pania, parete o roccia, fino all’età napoleonica. Alpi Apuane è un nome inventato da spiriti romantici, coniato in omaggio alla morfologia del territorio e ai Liguri Apuani, gli abitanti originari. Un nome che ha a che vedere anche con il marmo … con la falsa neve creata dai ravaneti, gli scarti della lavorazione, che rende ancora più verosimile la foggia alpina.


Il duro e rischioso lavoro nelle miniere a cielo aperto nella pellicola in bianco e nero del dopoguerra I figli di nessuno con Amedeo Nazzari , campione di incassi nel 1951.


Il cavalier Ilario Bessi, fotografo a Carrara, ha documentato ogni momento della vita nelle cave in mezzo secolo di scatti, dagli anni Venti ai Settanta del Novecento.

 

 

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TECCHIAIOLI     RIQUADRATORI      LIZZATORI

Le specializzazioni di chi, calandosi sospeso a funi, faceva cadere i massi pericolanti … riduceva i massi in forme regolari a colpi di mazzuolo sulla subbia (grosso scalpello con la punta a piramide) … sapeva infine farli scendere dalla cava al poggio, lungo i tracciati ripidissimi delle vie di lizza.



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Nella lizzatura il blocco di marmo poggia su tronchi insaponati , imbragato da funi d’acciaio, le quali sono poi avvolte attorno ai piri, enormi pali infissi nella roccia. Davanti alla carica, il capolizza dà gli ordini. Le funi sono alternativamente allentate - e il blocco gli arriva quasi addosso – o trattenute – in modo che i compagni tolgano i legni da dietro il masso, li insaponino e glieli lancino, perché il marmo possa riprendere la discesa.

 

 

Estate 2024 - RISVEGLIO : dal 15 giugno 11 grandi sculture dellartista veneziano

Gianfranco Meggiato punteggiano la perla della Versilia.

Opere intricate come gomitoli, disseminate dal Pontile al Fortino, che parafrasano lo sforzo delluomo pensante per sciogliere i suoi dubbi e risolvere le sue debolezze, e così liberarsi dalla materialità. Opere usate dall’artista per sollecitare il risveglio delle coscienze e indurre alla riflessione.

RISVEGLIO è infatti il nome del progetto espositivo che ha lambizione di trasformare gli spazi urbani mutando il punto di vista e la percezione delle prospettive. 11 opere realizzate in alluminio, con la tecnica della fusione a staffa, e in bronzo, con la tecnica della fusione a cera persa, poste su basi in acciaio inox.

 

 

 

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RISVEGLIO è anche il nome dellopera più alta che fronteggia il Pontile, una scultura di quattro metri verso il cielo cui si protende con un movimento a spirale che simboleggia un volo, un risveglio, un riscatto dellessere umano che acquisisce la consapevolezza per liberarsi dai condizionamenti. Plasticamente sono proprio due ali stilizzate che sostengono e sospingono verso l’alto una grande sfera lucente che simboleggia la coscienza.

 

 

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                  Cubo nel cubo

 

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                  Sfera nella sfera



Ricordo “Il Giardino di Zyz” di Gianfranco Meggiato a Matera – capitale europea della cultura 2019 - nel BELVEDERE di Murgia Timone.

Zyz vuol dire “splendente” ed è il termine fenicio che indica anche il fiore primigenio della conoscenza e della cultura.



Reportage fotografico by Mauro DRAGONI e Barbara CARICCHI

© Copyright Barbara Caricchi ARTIVAMENTE – Tutti i diritti riservati