Sulla VIA FRANCIGENA CANAVESANA : da Pont Saint Martin a

Piverone passando per i CINQUE LAGHI di Ivrea



Di notevole interesse geologico, naturalistico e faunistico, la zona dei Cinque Laghi della Serra d’Ivrea - una delle più belle del Canavese - offre la possibilità di immergersi nel verde passeggiando a piedi, in bicicletta o a cavallo tra i sentieri che collegano questi bacini morenici: SAN MICHELE a Ivrea, CAMPAGNA a Cascinette d’Ivrea, SIRIO tra Ivrea e Chiaverano, PISTONO a Montalto Dora e NERO tra Montalto Dora e Borgofranco d’Ivrea, tutti circondati da colline che regalano colori indimenticabili in ogni stagione.

 

 

MAPPA 5 laghi

 




Il Lago di CAMPAGNA è un’oasi di verde e quiete: dalle roccette del Castellazzo e lungo il sentiero che lo costeggia (viola) si gode una splendida vista sul Castello San Giuseppe, il Mombarone, la Serra e Chiaverano.


La Colma di Mombarone ( o più semplicemente il Mombarone) è una montagna delle Alpi Pennine alta 2.371 m. Visivamente segna l'inizio della Valle d'Aosta ma amministrativamente è interamente compresa in Piemonte. Il toponimo in piemontese significa mucchio, ammasso.


Il più conosciuto e più grande è il Lago SIRIO, balneabile, attrezzato e per questo meta privilegiata dei turisti nella stagione estiva; il percorso (verde) porta alla scoperta delle cosiddette “Terre Ballerine”, una ex torbiera il cui terreno elastico ondeggia sotto i passi di chi vi cammina.



L’anello del Lago PISTONO (giallo) si snoda fra vigneti e boschi di castagno sotto l’occhio vigile del Castello di Montalto Dora: anche da qui si raggiungono le “Terre Ballerine”, mentre la “Variante del Maggio” porta a uno dei più interessanti punti panoramici dell’AMI – Anfiteatro Morenico di Ivrea.



Anche il Lago NERO, il cui fascino tenebroso e selvaggio ha dato vita a numerose leggende, propone un sentiero circolare (blu): lungo il cammino si incontrano una lapide funeraria, un masso erratico e la “Casa del Pescatore”.


Anello di Montresco (magenta). Il sentiero costeggia il Maresco di Bienca, un bacino lacustre che in epoca romana veniva utilizzato per condurre le acque dalla collina verso la città di Ivrea. I resti dell'Acquedotto Romano sono ancora in parte visibili: l'esterno è realizzato con pietre spaccate e malta, l'interno è invece in cocciopesto (mattone sbriciolato misto a calce).

 

Per la prima esplorazione abbiamo scelto il VERDE – Anello del Lago

SIRIO e delle Terre Ballerine - con partenza dalla Regione Bacciana e giro

antiorario.



TERRE BALLERINE

In realtà non c’è niente di misterioso in questa particolare e curiosa danza della terra. Il territorio su cui si trova il bosco di MONTALTO DORA è infatti una torbiera, ovvero un lago esaurito sul cui fondo si sono depositati nel corso del tempo vegetali, animali morti ed altro materiale organico, e che in mancanza d’ossigeno si è quindi trasformato prima in uno stagno, poi in palude ed infine appunto in questa torbiera. Lo strato d’acqua sottostante contribuisce a creare questo fenomeno delle terre danzanti.

 

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La TORBIERA dove oggi sorgono le cosiddette TERRE BALLERINE si è originata dal prosciugamento di una parte del LAGO CONIGLIO, in parte avvenuta naturalmente ed in parte artificialmente nel 1895 ad opera di François Balthazard Mongenet, che usava la torba come materiale combustibile per le proprie industrie siderurgiche. Durante i lavori di prosciugamento furono ritrovati alcuni reperti archeologici tra cui un’ascia, una spada di bronzo ed una piroga a testimonianza del fatto che su quella terra ci fosse, tra il 1400 e l’800 a. C. un villaggio palafittico.

 Gli abitanti della zona riferiscono che un tempo, quando le precipitazioni erano più abbondanti e frequenti, si poteva assistere a veri e propri spettacoli della natura con alberi anche di alto fusto che si piegavano letteralmente come se fossero piantati su un materasso elastico. Oggi il fenomeno si è attenuato con la riduzione della pioggia, ma rimane sempre uno spettacolo curioso e particolare da vedere e vivere.

 

La famiglia MONGENET svolse un ruolo molto importante

nell’ambito della metallurgia piemontese dell’Ottocento.

La miniera di Traversella, per quasi un secolo uno degli elementi portanti dell’attività siderurgica dei Mongenet, fu abbandonata ufficialmente nel 1895.

La storia inizia con François-Balthazard MONGENET che nacque nel 1769 a Villersexel (Besançon) da Richard - consigliere di Luigi XVI e duca di Renaucourt - e da Marie-Anne Grojan.

Discendente di una nobile dinastia di maîtres de forge della Franche-Comté, proprietari di altiforni a Renancourt (Amiens) e di impianti industriali metallurgici a Freland (Ambievillers), François-Balthazardfu costretto a lasciare la Francia durante la Rivoluzione. Con il fratello Jean-Gaspard si stabilì in Piemonte, nel Canavese, dove introdusse fin dal 1792 la tipologia dei forni troncoconici originaria della Franche-Comté.

Dopo una parentesi francese tornò nuovamente in Italia e nel 1807 acquisì il complesso degli impianti D.V. Gastaldi situati in Piemonte e nella bassa Valle d'Aosta. Entrò così in possesso di fabbriche, strutture industriali e altri edifici a Carema (oggi nel Comune di Pont-Saint-Martin) e Lillianes, nonché dei diritti di estrazione su alcune miniere di ferro di Traversella e su un filone cuprifero nel territorio di Montjovet. A Carema fissò la sua dimora e sposò Maria Angela Fortunata Ingegnati, dalla quale ebbe numerosi figli.

 

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PILUN a Carema


Negli anni seguenti operò una sostanziale trasformazione del sistema produttivo, sostituendo la tecnologia «bergamasca» con quella «comtoise», e procedendo al concentramento e alla razionalizzazione dell’intera struttura operativa. In tale ottica, acquistò nel 1808 l' altoforno di Vert (Donnas) e nel 1810 l’altoforno e le forge dei Ponzio Vaglia alla frazione Prati Nuovi (già in Comune di Carema, dal 1929 Pont-Saint-Martin) riunendo così tutte le strutture poste sulla riva sinistra del Lys in un’unica azienda.

 

FERRIERE MONGENET : MARCHETTO   LA VERNA   PRATI NUOVI   LILLIANES

 

La quasi totalità delle maestranze impiegate alle FORGE e agli ALTIFORNI proveniva dal Bergamasco o dalla Francia, mentre gli abitanti del luogo erano essenzialmente impiegati in attività di servizio.

 

L’ ALTOFORNO del Marchetto, costruito secondo la «mode bergamasque ou italienne», aveva un’altezza di dieci metri, decisamente superiore a quella media di sei-sette, che consentiva una notevole economia di combustibile. L’impianto, alimentato con carbone di legna proveniente dai comuni della bassa Valle d'Aosta, utilizzava il ferro ossidulato estratto dalla miniera di Traversella, di cui il M. era uno dei coltivatori. La GHISA prodotta, più di 4000 quintali metrici annui, era “très douce et très homogène, la plus estimée du Departemént” ed era in parte venduta a Torino e in parte lavorata nelle sue fucine.

 

La FORGIA del Marchetto consisteva in un fuoco di affineria costruito con il sistema bergamasco per fondere la GHISA, affinarla e convertirla in FERRO o ferraccia; in un fuoco di riscaldo per i masselli da sottoporre al martello d’affineria per la riduzione in barre, alimentato da due mantici; e da un fuoco di martinetto, più piccolo.

 

In un’epoca in cui la sfida tecnica era incentrata sulla scarsità dei combustibili, dopo decenni di indiscriminato sfruttamento del patrimonio boschivo il M. riuscì a coniugare innovazione tecnologica con limitatezza delle risorse, realizzando, con l’introduzione degli altiforni alla “comtoise”, importanti economie di combustibile, una maggior resa di ghisa e un ridotto tempo di fusione. Fu ancora il M. a porre il problema di una nuova razionalità dell’impresa, quasi a decretare l’inizio di un lento passaggio a un’organizzazione più propriamente industriale nel campo della metallurgia, accanto alla quale sopravvisse, almeno per tutta la prima metà del XIX secolo, parte della microimpresa proto-industriale di origine sei-settecentesca.

 

RISPARMIO ENERGETICO

Verso il 1840 il M. mandò il figlio maggiore Joseph-François-Balthazard (nato a Carema il 7 luglio 1811) a Wasseralfingen, nel Baden-Württemberg, per studiare il nuovo procedimento messo a punto da A.Ch. von Faber du Faur per il recupero dei gas d’altoforno nel processo di fusione. Il metodo sarebbe stato applicato a Pont-Saint-Martin tra il 1842 e il 1850 e lo stesso Faber du Faur avrebbe fornito i disegni tecnici per la realizzazione degli impianti valdostani.

I MONGENET ebbero un ruolo fondamentale nella SIDERURGIA valdostana.

 

François Balthazard Mongenet morirà il 4 gennaio del 1854 … proseguirà l'attività siderurgica il figlio che diverrà uno degli uomini più potenti della bassa Valle d’Aosta, deputato nelle liste liberali al primo Parlamento dell’Italia unitaria e successivamente senatore.

 

Joseph-François-Balthazard manterrà salda la tradizione industriale della

famiglia, proseguendo lungo la via del rinnovamento tecnologico e del

miglioramento della produzione, continuando anche l' attività d'estrazione

della TORBA da questo ex LAGO CONIGLIO.

 

TORBA



Mattonelle di TORBA messe ad essiccare

 

 

Nel 1884 fu installato il primo forno Martin; all'epoca lo stabilimento contava cinque turbine, due caldaie a vapore e numerose ruote idrauliche. La produzione complessiva di quell’anno fu di 1500 tonnellate di ghisa, 1200 tonnellate di ferro fucinato in lamiere e 800 tonnellate di acciaio; gli addetti erano 220.

A fine secolo, in relazione al negativo andamento della siderurgia italiana, anche

l’azienda MONGENET si sarebbe avviata al tramonto.

da TRECCANI.it

 

 

                      CASTAGNI    NOCCIOLI   PUNGITOPO 

 

                 PRIMULE GIALLE     VIOLETTE SELVATICHE



primule gialle       violette



Lasciate le “TERRE BALLERINE” si riprende il sentiero principale che costeggia il

LAGO PISTONO dominato dal CASTELLO di MONTALTO DORA

fino alla piccola Chiesa di Santa Croce.

 

 

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ROGAZIONI – processioni per la benedizione dei campi

 

Le “Rogazioni Maggiori” iniziavano il 25 aprile con la festa di San Marco, punto centrale della Primavera e del risveglio. Infatti erano nate sull’impronta dell’antica festa dei “Robigalia” durante la quale gli antichi Romani invocavano la protezione dei futuri raccolti.

Più avanti nel corso della primavera, nei tre giorni precedenti la festa dell’Ascensione (che cadeva di giovedì, probabilmente per evocare il Giovedì Santo) era il momento delle “Rogazioni Minori”.

Erano preghiere collettive eseguite in processione fino ai confini del territorio parrocchiale per scacciare il male dai campi.

 

Durante il cammino si recitava una preghiera di gruppo: il sacerdote intonava le Litanie dei santi; non appena si giungeva nei punti prestabiliti, la processione si fermava, il chierico alzava la croce e, rivolgendosi ai punti cardinali, recitava le invocazioni delle litanie:

A fulgure et tempestate, A peste, fame et bello, ecc. a cui la popolazione

rispondeva Libera nos Domine.

Queste cerimonie sono di origine antichissima, forse un ricordo di riti pagani in onore di Cerere la dea dei campi. Poi sono state accolte nel mondo cristiano come invocazioni a Dio perché la Terra doni frutti. Per questo durante la celebrazione il parroco invocava  la benedizione sul raccolto.

 

Le ROGAZIONI erano nate nel V secolo in Gallia Lugdunense, quando fu flagellata da varie calamità naturali. Il Vescovo della città di Vienne, Mamerto, divenuto poi Santo, decise di introdurre un Triduo di preghiera e di digiuno subito a ridosso della festa dell’Ascensione. In particolare celebrò anche solenni processioni volte a coprire l’intero territorio. Vennero chiamate “Rogazioni” dal latino “Rogatio” che indicava una proposta di legge nata dal popolo. In ogni caso il Vescovo diede una veste cristiana ad un rito di preghiera pagano, l’ Ambarvalia. Furono quindi introdotte ufficialmente a Roma nell’anno 816 da Papa Leone XIII. Poi si diffusero in tutta la Cristianità fino ai giorni nostri.

 

 

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Alla Cappella di San Pietro Martire il sentiero svolta verso il

LAGO SIRIO … “Vecchio Cipresso” a CHIAVERANO.

 

 

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L’esplorazione continua in GIALLO – Anello del Lago PISTONO -

con partenza da MONTALTO DORA, tra VIGNETI e CASTAGNETI.

 

 

cipolla CANNARA     cavolo verza MONTALTO

 

Gemellaggio tra la CIPOLLA di CANNARA (PG) e il CAVOLO VERZA di MONTALTO DORA (TO) 

 

Il LAGO PISTONO, o lago di Montalto, è situato in una conca scavata dal ritiro di un ghiacciaio del Pleistocene, il quale ha dato origine anche ai restanti quattro laghi della zona (Sirio, Nero, Campagna e San Michele). Oggi il lago Pistono è alimentato dal Rio Montesino, mentre sull'estremo lato ovest si trova un canale artificiale, atto ad alimentare quello che un tempo era il mulino del paese, divenuto l’imponente SAM : molitura & silos. Il flusso d'acqua uscente è regolato da una piccola diga.

L'intero lago è circondato da un itinerario immerso nella natura, percorribile a piedi o in bicicletta. Sul lato est è presente una locanda “La Monella” , dove è anche possibile noleggiare piccole barche a remi.

 

 

Castello di Montalto Dora

 

 

Sul lato nord , in cima alla collina, è di notevole presenza il Castello di MONTALTO DORA a cui sono legate due storie:

quella di Emma e Guiscardo, storicamente accertata qualche secolo prima

e la leggenda di Leonora e Gualfredo raccontata nel libro di Nicoletta Viali -

giornalista, scrittrice e organizzatrice di eventi di promozione territoriale come Andar per castelli .

Leonora è della famiglia dei De Jordano che furono infeudati a Montalto dai Savoia nel 1403. Gualfredo è rampollo degli Ardengheschi, antica famiglia comitale, forse di origine longobarda, che a partire dal decimo secolo ebbe alcuni feudi a cavallo delle province di Grosseto e di Siena.

Emma di Montalto e Guiscardo di Monferrato finiscono in tragedia con la morte dei due mentre Leonora e Gualfredo riescono ad amarsi felicemente per tutta la vita.



Parco Archeologico del LAGO PISTONO

Grazie a una campagna di scavo archeologica, promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, nel giugno 2003 sono venute alla luce sulle rive del lago le tracce di un insediamento palafitticolo riferibile al Neolitico. Nel 2005 è stato avviato un progetto culturale e turistico che ha visto nel 2012 l'inaugurazione dell'area espositiva che accoglie i reperti affiorati durante gli scavi e, successivamente, del Parco Archeologico con ricostruzioni a scala reale delle strutture neolitiche.

 

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LAGO PISTONO : bellissimo e suggestivo al tramonto !!

 


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VIA FRANCIGENA CANAVESANA : da Pont Saint Martin a Piverone

passando per i CINQUE LAGHI di Ivrea

Tratto del percorso di oltre 1900 chilometri che congiunge Roma a Canterbury, la VIA FRANCIGENA CANAVESANA con i suoi 50 chilometri comincia con le montagne al confine con la Val d’Aosta, a Pont Saint Martin, alla base della valle del Lys.


Qui la VIA FRANCIGENA incontra l’antica strada romana per le Gallie e di quel periodo rimane il Ponte del Diavolo. Sopravvissuto al bombardamento che nel 1944 distrusse l’intero paese, si narra che il ponte venne costruito dal Diavolo in persona. Infatti, secondo la leggenda, San Martino, di passaggio sulla via Francigena in pellegrinaggio, fece un patto con il Diavolo. Questi si impegnò a costruire in una notte un ponte, in cambio dell’anima del primo essere vivente che ci sarebbe passato. Il giorno dopo, San Martino liberò sul ponte un cagnolino, che venne ucciso brutalmente. In compenso, il diavolo lasciò in pace gli abitanti.

 

Pont-Saint-Martin diavolo


 

Passato Pont Saint Martin si entra in Piemonte dove le asperità delle montagne scendono nella conca morenica dove si trova Carema. Il toponimo Carema deriverebbe dall’espressione latina “quadragesimum lapidem ab Augusta Praetoria” (“a quaranta miglia da Aosta”). Un’altra ipotesi, invece, è che l’origine del nome sia Caremam, cioè “dogana”.

In questa zona la “Via di Sigerico” (fu infatti l’Arcivescovo di Canterbury che per primo, nel 990, mappò l’intera VIA FRANCIGENA di ritorno da Roma dopo la sua investitura) attraversa le vigne del Carema. Tratto distintivo del paesaggio sono i “tupiun”. In dialetto piemontese sono chiamate così le pergole sorrette da eleganti colonnine su cui si abbarbica la vite di Nebbiolo. Qui nasce il Carema DOC, un vino rosso rubino tendente al granato che si abbina con selvaggina o carni rosse elaborate e formaggi stagionati o gustosi.

Se Carema è vino, Settimo Vittone è olio, tanto che, la Domenica delle Palme, si celebra la Sagra delle olive e dell’olio extravergine d’oliva. Complice la posizione che assicura un clima mite, già nel 1300 in questa zona veniva prodotto l’olio fino a quando una piccola glaciazione bruciò tutto e l’olivo venne dimenticato. Oggi, nel paese di poco più di 1500 anime si contano ben 4 mila piante di olivo e un “frantoio di comunità”. La cultivar impiantata è la Don Vito dalla quale si ottiene un olio con una percentuale di acidità molto bassa che si vende dai 25 ai 28 euro al litro.

 

Montalto Dora e il suo castello introducono il pellegrino nella zona dei 5 LAGHI (Lago Sirio, Lago Pistono, Lago di Cascinette, Lago Nero e Lago San Michele)

Arroccato sulla collina, il Castello, oggi di proprietà privata, risale alla fine del 1100 e da sempre, grazie alla sua posizione è stato sede di una fortificazione. Ma la collina montaltese è famosa anche per la sua conformazione geologica poiché qui è possibile camminare fra due continenti, sopra la “cicatrice” della crosta terrestre …

LINEA INSUBRICA : lo scontro fra PLACCHE TETTONICHE

 

linea insubrica



La più grande faglia trascorrente presente in Italia: si estende per circa 1000 km, con andamento est-ovest, lungo tutta la catena alpina dalla zona del Canavese (Piemonte) fino alla Val Pusteria (Alto Adige) passando da Bellinzona lungo tutta la Valtellina, il passo del Tonale e la Val di Sole. E’interessante notare come le principali valli alpine ad andamento est-ovest, come la Valtellina e la Val Pusteria si sono impostate lungo questa faglia.



La LINEA INSUBRICA prende il nome dell’Insubria, una regione i cui confini non sono nettamente determinati, anticamente abitata dagli insubri, che si stanziarono nell’area compresa fra il Po e i laghi prealpini e che, secondo Tito Livio, fondarono Milano.

Per gli studiosi, si tratta di una geosutura, cioè la “cucitura”, al livello della superficie terrestre, creatasi in seguito allo scontro fra la placca tettonica europea e quella africana. Attualmente, quindi, segna il confine tra la placca eurasiatica e quella adriatica.


 

Durante l’era giurassica, l’oceano Tetide separava l’Africa dall’ Europa.

La placca africana si spostò quindi verso nord, in direzione di quella europea. Questo movimento portò alla progressiva chiusura del Tetide e, infine, allo scontro vero e proprio fra le due zolle che diede vita alla LINEA INSUBRICA e alla sua stessa composizione, frutto della fusione fra i materiali depositati sui due margini.



Da Montalto Dora parte l’ Anello del Lago Pistono famoso per le “Terre Ballerine” - un’antica torbiera formatasi sulle acque di Lago Coniglio, dove si ha la sensazione di camminare su un tappeto elastico. Sempre sulle sponde del lago Pistono, è possibile visitare un villaggio dell’epoca neolitica ricostruito dopo il ritrovamento dei resti di un insediamento del V millennio a. C.

Al confine con Biella, Piverone chiude il tratto canavesano della

VIA FRANCIGENA.

 

 

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TUPIUN sulla VIA FRANCIGENA



PILUN di topia e PILONI votivi – SACRO & PROFANO

I PILONI di cui è disseminato il territorio piemontese, sono spesso dei veri e propri ex voto, ovvero eretti da un singolo o da una famiglia in ringraziamento di una grazia ottenuta, ecco perché sono "VOTIVI".
Frequentemente i piloni venivano eretti sempre come presidio sacro in quei borghi ove non c’era spazio o disponibilità economica per costruire una cappella.


Il PILONE VOTIVO rappresenta un presidio importante di devozione

popolare.

Posti lungo le vie di comunicazione, i piloni rappresentano un voto affinché chi transita lungo le pedaggere di campagna o i sentieri di montagna sia tutelato contro i pericoli rappresentati dal viaggio stesso e abbia protezione dai malviventi che un tempo, dal medio-evo fino al XIX secolo, trovavano nascondiglio nelle selve della pianura piemontese.

Posti nei borghi, invece, rappresentano un punto di riferimento, un luogo di raccolta, un invito alla preghiera ed al raccoglimento. Anche qui, ovviamente, vi sono raffigurati personaggi cui la devozione popolare si affidava per ottenere protezione contro le calamità: S. Grato Vescovo, difensore dalla grandine, S. Rocco di Montpellier, scudo contro le pandemie, S. Lucia, protettrice della vista.

Altra funzione riservata a questi piccoli presidi è quella di proteggere i campi ed il lavoro dei contadini e questo spiega perché, molti di essi, si trovano dislocati nel bel mezzo di vaste aree coltivate della pianura. Le figure che vi sono raffigurate sono Santi cari a chi lavora la terra e ne invoca la protezione: S. Isidoro, patrono degli agricoltori, S. Antonio Abate, protettore degli animali domestici.


I piloni, dunque, avevano soprattutto nel passato un significato molto più profondo di quanto si possa immaginare e la loro presenza nelle campagne piemontesi, per quanto non più assidua (molti purtroppo sono in rovina o quanto meno non ne sono più leggibili le pitture) è attestazione di quanto profonda fosse un tempo la religiosità contadina.




Le TOPIE, i VIGNETI TERRAZZATI dell’alto canavese

Al confine tra Piemonte e Valle d’Aosta si trova un paesaggio tradizionale estremamente suggestivo formato da imponenti terrazzamenti con muretti a secco coltivati a vite su pergole localmente dette topie (tupiun in dialetto piemontese).




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Le topie di Pont Sain Martin in Valle d’Aosta, vigneti terrazzati coltivati secondo la tecnica della pergola canavese.

É un sistema di coltivazione probabilmente molto antico, il cui elemento più appariscente è costituito dai pilastri di sostegno delle pergole, tradizionalmente chiamati PILUN (piloni) e costruiti proprio sul ciglio dei terrazzamenti.

Di forma tronco conica (sottile e affusolata o viceversa molto tozza ), sono costruiti con ciottoli e scaglie di pietrame legate con malta di calce, sormontati da una pietra piatta e intonacati con intonaco di calce aerea di colore bianco : si trattava molto spesso del materiale di risulta della costruzione dei muri di sostegno dei terrazzamenti.

La loro funzione è duplice: sostenere le travi orizzontali in legno dei pergolati e immagazzinare il calore del sole restituendolo di notte, riscaldando il terreno e mitigando gli sbalzi di temperatura particolarmente intensi in questa zona. Il colore bianco dell’intonaco non è dunque casuale, ma ha uno scopo utilitario ben preciso; mentre la pietra piatta sommitale (sempre di colore grigio) molto probabilmente è di una roccia poco porosa che protegge gli elementi lignei dall’umidità di risalita del terreno.

Anche l’altezza è variabile: la misura più diffusa sui terrazzamenti è di circa m 1,50-1,80, ma si trovano anche pergolati con piloni un po’ più alti costruiti su piccoli basamenti a pianta quadrata oppure decisamente più bassi sugli alti muri di cinta. Infatti le TOPIE erano ovviamente diffuse anche in orti e giardini per ricavare un po’ di uva da mangiare e trasformare in vino per il fabbisogno familiare. In questi casi si sfruttava perciò l’altezza del muro di cinta allo scopo di risparmiare tempo e fatica nella costruzione dei pergolati, predisporre una sorta di barriera vegetale che proteggesse dagli sguardi indiscreti e creare percorsi ombreggiati in cui era piacevole sostare o passeggiare durante i mesi estivi.



Reportage fotografico ANELLO LAGO SIRIO e LAGO PISTONO by Mauro DRAGONI


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