GATTA CHOUPETTE : il felino amatissimo di Karl LAGERFELD , appena scomparso, eredita parte del patrimonio del celebre stilista nato ad Amburgo e introdotto in Francia dalla madre.
Nel 1955 vinse un concorso per un cappotto sponsorizzato dal Segretariato Internazionale della Lana e gli fu assegnato un posto da Pierre BALMAIN. Vinse anche il concorso per un premio di vestiti sponsorizzato da Yves SAINT LAURENT. Ricordò nel 1976:
«Yves lavorava per DIOR. Altri giovani che conoscevo e che lavoravano per BALENCIAGA pensavano che fosse Dio, invece io non ero così impressionato»
Dopo tre anni si trasferì da Jean PATOU.
«Io mi annoiavo anche qua, perciò mi licenziai e provai a ritornare a scuola, ma qui non studiavo, quindi ho passato per lo più due anni sulle spiagge - suppongo di aver studiato la vita in questo modo»
Con i soldi della sua ricca famiglia, aprì un piccolo negozio a Parigi. In questo periodo volle spesso consultarsi con Madame Zereakian, la veggente armena di Christian DIOR. Lagerfeld poi ha rivelato: "Mi disse che avrei avuto successo nel campo della moda e dei profumi."
Jean PATOU CHANEL FENDI
L’eclettico stilista Karl LAGERFELD aveva sempre descritto la sua
GATTA CHOUPETTE con parole cariche di affetto :
< Ha la sua piccola fortuna, è un'ereditiera, e se mi succedesse qualcosa, la persona che la accudisce non resterà nella miseria. Il denaro che ha guadagnato facendo le pubblicità, il denaro che io non ho incassato è stato messo da parte proprio per lei. CHOUPETTE è una ragazza ricca >.
Il felino è stato inserito nella linea ereditaria del couturier …
E di fronte all'obiezione che in Francia è proibito lasciare in eredità qualcosa a un animale, aveva ribattuto: "Infatti lo posso fare perché non sono francese".
La MICIA era arrivata a casa Lagerfeld nel 2011 e doveva rimanerci pochi giorni: la precedente padrona, la modella Baptiste Giabiconi, l'aveva lasciata lì temporaneamente ma con i suoi occhi azzurri la gatta aveva conquistato l'affetto dello stilista.
Al punto che, nel 2013, diverse capsule collection erano state disegnate dal creativo in suo onore. "È al centro del mio mondo, è una specie di Greta Garbo, ha qualcosa di indimenticabile su come si muove, è ispirata dalla sua eleganza e attitudine", aveva detto. Era persino comparsa in diverse campagne pubblicitarie e aveva "aperto" un account Instagram seguito da oltre 120mila follower.
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“CATS” (1981) - uno dei più famosi musical nel mondo ed uno tra i più grandi successi di tutti i tempi per longevità, spettatori e incassi totali, composto da Andrew Lloyd Webber .
Il musical si basa sull’opera di Thomas Stearns Eliot “ IL LIBRO DEI GATTI
TUTTOFARE” (Old Possum's Book of Practical Cats) pubblicato nel 1939 e tradotto in italiano nel 1963, raccolta di poesie aventi gatti come protagonisti. Le poesie erano in realtà inizialmente lettere che il poeta scriveva ai suoi nipotini e che vennero successivamente pubblicate. Lloyd Webber ha musicato tutte le poesie della raccolta per costruire la storia del musical, oltre a materiale inedito fornitogli dalla vedova di Eliot. Memory, la canzone più famosa del musical, è stata scritta da Trevor Nunn ispiratosi alla poesia di Eliot Rapsodia su una notte di vento.
Tutti I GATTI DEL QUARTIERE di JELLICLE si ritrovano per il ballo annuale e per festeggiare il vecchio gatto Old Deuteronomy, loro capo.
Nel corso della festa i gatti si presentano e raccontano la propria storia :
il prescelto avrà l'onore di ascendere al paradiso dei JELLICLE CATS - "Heaviside Layer" .
La festa è turbata da due avvenimenti: la comparsa in scena di Grizabella, un tempo affascinante gattina che, dopo aver abbandonato il gruppo si è ritrovata sola, abbandonata e in miseria; e le improvvise apparizioni del malvagio Macavity, che rapisce Old Deuteronomy gettando gli altri gatti nello sconforto.
“LA GATTA” : canta Gino PAOLI
C'era una volta una gatta
Che aveva una macchia nera sul muso
E una vecchia soffitta vicino al mare
Con una finestra a un passo dal cielo blu
Se la chitarra suonavo
La gatta faceva le fusa ed una
Stellina scendeva vicina, vicina
Poi mi sorrideva e se ne tornava su …
CAT WOMAN : «... Io ci vedo nel buio ...»
Il noto personaggio dei fumetti, il cui vero nome è Selina Kyle, è stato creato da Bob Kane e Bill Finger nel 1940, pubblicato dalla DC Comics.
Dedita al furto e originariamente creata come avversario di Batman, con il passare degli anni, nella sua evoluzione il personaggio ha acquisito caratteristiche di bontà e di solidarietà diventando un eroe-antieroe, per poi tornare alla sua occupazione di ladra in tempi recenti.
Esordì insieme a Joker, l'arcinemico di Batman, proprio sul primo numero della saga omonima. L'idea che spinse all'introduzione nella serie del personaggio fu quella di affiancare all'eroe un nemico di sesso femminile che potesse però complicare il loro rapporto iniziando, in futuro, una possibile relazione amorosa. L'idea, in effetti vincente, venne ripresa più e più volte dagli autori successivi.
Alla sua prima apparizione non indossava nessun costume pittoresco:
l'idea di vestirla come un GATTO nacque dalla sua seconda apparizione in poi;
CATWOMAN è forse il personaggio dei fumetti ad aver cambiato più look nel corso del tempo.
“CATWOMAN” - film 2004 diretto da Pitof ed interpretato da Halle Berry, Sharon Stone e Benjamin Bratt.
GATTI & MODA : ARMANI & PRADA
TELEGATTO - Il Gran Premio Internazionale dello Spettacolo -
"Notte dei Telegatti" o "Gran Premio Internazionale della TV" - è un concorso ideato ed organizzato dalla rivista settimanale TV Sorrisi e Canzoni (Arnoldo Mondadori Editore), nato nel 1971, ma andato in onda in TV da Canale 5 per la prima volta nel 1984 (con il nome di Gran Premio Galà della Tv) come risposta al già esistente Premio regia televisiva (trasmesso da Rai 1).
Ogni anno, i lettori della popolare rivista erano chiamati a scegliere i programmi e i personaggi migliori della stagione televisiva trascorsa, divisi in categorie.
I vincitori venivano insigniti della statuetta chiamata TELEGATTO.
L'idea di usare un gatto per premiare i personaggi e i programmi della TV era dei grafici di "Sorrisi", che individuarono nel gatto l'animale domestico per eccellenza, "domestico" come la televisione che premiava. La statuetta, alta 15 centimetri (più sette di piedistallo) e del peso di 1,8 chilogrammi, era realizzata in bronzo, placcato oro zecchino. Il modello in platino veniva assegnato solamente in occasioni eccezionali e come riconoscimento a carriere eccellenti.
ALICE GUARDA I GATTI
E I GATTI GUARDANO NEL SOLE
Mentre il mondo sta girando senza fretta …
“Alice” canta Francesco DE GREGORI
MOTOTOPO e AUTOGATTO ( Motormouse and Autocat ) anche conosciuta come Topomoto e Autogatto, è una serie televisiva a cartoni animati prodotta dalla Hanna-Barbera nel 1969.
“VICENTINI MAGNAGATI” è uno degli sfottò più comuni, un luogo comune diffuso: gli abitanti di Vicenza mangiano i gatti.
A fare un po’ di luce, ecco “Perché ci chiamano vicentini magnagati e le mille vite del gatto vicentino”, scritto dal giornalista Antonio di Lorenzo e pubblicato da Terra Ferma editore. Il testo è una sorta di viaggio, un’investigazione ironica tra gusto e leggende.
Innanzitutto, bando ai pregiudizi: se mai ci sono dei MANGIATORI DI GATTI , questi non abitano solo a Vicenza.
Sfogliando i ricettari, scopriamo come il PASTICCIO DI GATTO era un piatto comune nella Gran Bretagna del passato (lo afferma Charles Dickens, ne Il Circolo Pickwick) ed è ancora oggi apprezzato in Cina (nel solo Guandong vengono consumati 4 milioni di felini l’anno) ed in Camerun.
Ma basta rimanere in Italia per vedere come tutti gli abitanti della Penisola in tempi di guerra, fame o carestia, non abbiano certo avuto problemi a sbattere la bestiola in pentola.
Ecco ad esempio, un decreto del 1943 firmato dal Ministro degli Interni e rivolto ai prefetti: “È vietata l’uccisione dei gatti per la utilizzazione delle carni, dei grassi e delle pelli. I contravventori incorreranno nelle penalità comminate dall’articolo 650 del Codice Penale”.
Tornando poi a VICENZA, Di Lorenzo esamina le varie fonti del soprannome.
La prima è di tipo storico.
Nel 1509, Padova è attaccata dalle truppe di Lega di Cambrai, nemica giurata di Venezia. Un gruppo di padovani si rivolge ad un drappello d’invasori vicentini, mostrando loro una GATTA APPESA AD UNA LANCIA. Lo sfottò è duplice: si rivolge alla macchina d’assedio usata dagli imperiali e li sfida a prendere (possedere sessualmente) la gatta (termine popolare per i genitali femminili).
E poi ci sono diverse leggende.
La prima è riportata dallo scrittore Virgilio Scapin ed è ambientata negli Anni Venti del ‘400. All’epoca, i veneziani invasi dai TOPI avrebbero chiesto alcune centinaia di GATTI a Vicenza (città che sarebbe stata piena di mici richiamati dall’odore di baccalà…) perché i gatti erano tutti spariti “Come se qualcuno se li fosse mangiati”.
Un’altra storia inverte i ruoli: furono i vicentini, preoccupati per l’aumento dei RATTI agli inizi del 700 a chiedere alla Serenissima un esercito di MICI. A lavoro finito, i felini furono trasportati sotto il monte Berico in barca lungo il Bacchiglione e da lì verso destinazione ignota (lo scrittore suggerisce la pancia dei vicentini).
Arrivano anche le teorie fonetiche.
< Per dire la frase “hai mangiato” in dialetto veneziano si pronunciava “ti ga magnà”, in padovano “gheto magnà” mentre nel dialetto antico vicentino si affermava “gatu magnà”, da qui il soprannome di “MAGNAGATU” o “MAGNAGATI” dato in senso spregiativo dai rivali veneti ai vicentini >
Sembra infatti, spiega il testo, che gli altezzosi abitanti di Venezia amassero attribuire nomignoli offensivi: i pescatori diventavano “mangiasasso”, i ruffiani “magnamaroni” ed i bigotti “magnamocoli”.
Sul tavolo anche un’interpretazione di tipo storico-internazionale.
Nel 1765, Jerome Lalande, direttore dell’Osservatorio Astronomico di Parigi, visita Vicenza, credendo di trovare la città idilliaca e bucolica, simbolo di un glorioso passato. La realtà è diversa: secondo Lalande i vicentini sono montanari, rozzi, selvaggi e violenti, al punto che quell’anno c’erano stati in provincia 300 omicidi su 200mila abitanti circa (cioè uno ogni 666 abitanti: 144 volte più di oggi) e che per questa loro rissosità si diceva
“VICENTINI, CANI E GATTI” oppure “MAGNAGATTI”.
Infine, ecco la famosa filastrocca:
Veneziani, gran signori; / Padovani, gran dotori; /
Visentini magna gati; / Veronesi tutti mati; /
Udinesi, castelani, / col cognome de furlani; /
Trevisani, pan e tripe; / Rovigoti, baco e pipe; /
i Cremaschi, fa cogioni; / i Bressan, tagiacantoni; /
ghe n’è anca de più tristi: / bergamaschi brusacristi; /
E Belun?
Pòreo Belun / te sè proprio de nisun!
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