BAMBOLA DI PEZZA - PIGOTTA UNICEF : adottane una !!
Un tempo, in varie zone della Lombardia, la PIGOTTA indicava una bambola di pezza fatta in casa con materiali poveri (avanzi di tessuto e lana).
Oggi la PIGOTTA è un gioco registrato dall'UNICEF per sostenere l'infanzia nei paesi in via di sviluppo .
Nel 1988 Jo Garçeau, membro del Comitato Unicef di Cinisello Balsamo, creò la prima Pigotta a scopo umanitario. Da allora chiunque può creare una di queste bambole in modo autonomo (l'Unicef fornisce un cartamodello utilizzabile per la forma del corpo ma tutto il resto è lasciato alla creatività di chi la confeziona). Ogni Pigotta è corredata di una cartolina identificativa e viene adottata.
Chi adotta una Pigotta contribuisce a tutte le attività che l'Unicef svolge a favore dell'infanzia (vaccinazioni, alimenti terapeutici contro la malnutrizione infantile).
Nei primi 18 anni l'Unicef ha raccolto, attraverso la vendita delle Pigotte, 27 milioni di Euro.
BAMBOLA VUDU’ – La bambolina in pezza rappresenta una persona che deve essere oggetto di azioni da parte di chi esegue il rito, ad esempio guarirla da malattie o al contrario arrecarle dolore. Sulla bambola possono essere attaccati capelli o peli della persona in oggetto , per il controllo della stessa.
La BAMBOLA VUDU’ è un oggetto del folklore, spesso raffigurato in opere di finzione come film, libri e fumetti. Comunemente associato alla tradizione religiosa afroamericana del Vudù, tale collegamento è ritenuto infondato
BAMBOLE KOKESHI – bambole in LEGNO originarie del nord del GIAPPONE , prodotte nelle province di Sendai e Miyagi nel Tohoku, regione nota per i suoi stabilimenti termali, i cosiddetti ONSEN.
Ogni bambola kokeshi è fatta e dipinta a mano da un artigiano giapponese e ha per questo un aspetto unico.
Le bambole kokeshi hanno fatto la loro comparsa in Giappone durante il periodo Edo (1600-1868), quando i kijiya – 木地屋 (falegnami) iniziarono a usare le loro abilità, oltre che per la lavorazione di vassoi e ciotole, anche per la creazione di bambole da vendere come giocattoli e souvenir per i visitatori degli onsen.
Si pensa anche che le kokeshi avessero un significato spirituale, rappresentando il desiderio di avere un bambino sano.
Per la loro forma, alcuni suggeriscono che potessero essere inizialmente non dipinte e utilizzate come attrezzi per i massaggi dai frequentatori delle terme.
Le bambole kokeshi si distinguono in due tipi: tradizionali (dentō kokeshi – 伝統こけし) e creative (shingata kokeshi – 新型こけし).
Le KOKESHI tradizionali sono prodotte soltanto nelle sei prefetture del Tohoku e sono caratterizzate da un design molto semplice, con la testa tonda e un corpo cilindrico senza arti. I motivi dei loro kimono, floreali e lineari, sono stati tramandati per generazioni nelle famiglie dei loro creatori.
Le KOKESHI creative, nate come forma d’arte dopo la Seconda Guerra Mondiale e quindi più moderne, sono per lo più prodotte nella prefettura di Gunma. Mantengono generalmente il corpo liscio delle kokeshi tradizionali, ma più sagomato e possiedono caratteristiche aggiuntive, come i capelli e dei kimono più definiti e di gusto più contemporaneo.
BAMBOLE al MAO di TORINO per JAPAN WEEK 2018 - foto Barbara CARICCHI
BAMBOLE ABAYOMI dal BRASILE al LINGOTTO per TORINO INCONTRA IL MONDO 2019 - foto Barbara CARICCHI
ABAYOMI ( abay= incontro e omi=prezioso). E’ una bambola realizzata senza cuciture con STOFFE e NODI . Il nome ha origini iorubà : nella lingua africana significa portatrice di felicità.
Durante le traversate de “O NAVIO NEGREIRO” (La nave negriera) carica di schiavi dall’Africa al Brasile, le donne a bordo si inventarono un modo per distrarre e far giocare i loro figli nel corso di quei “viaggi dell’inferno”.
Le ABAYOMI venivano fatte con pezzi di stoffa strappati dalle loro gonne annodati insieme, senza cuciture, né colla. Queste BAMBOLINE diventavano quindi un regalo prezioso per evadere dalla dimensione del viaggio e ritrovare un po’ di felicità.
Si dice che quando vengono realizzate l’energia che usiamo per farle viene donata agli altri, un gesto di amore e di amicizia.
Le BAMBOLE di Enrico COLOMBOTTO ROSSO
«...Il più visionario, il più turbinoso, disperatamente solitario, luciferino, è Enrico Colombotto Rosso, puro spiritualista estraneo a ogni contaminazione con la realtà, in nome di un aristocratico distacco di una pittura dell'anima nella quale, come spiegava Bataille, c'è spazio anche per il male, per gli abissi dove l'uomo rischia di perdersi senza possibilità di riscatto.»
(Vittorio SGARBI, Surrealismo Padano, Da De Chirico a Foppiani, 1915-1986, Palazzo Gotico, Piacenza, marzo-giugno 2002)
PUPE DI PANE a CASTRIGNANO de’ GRECI (LECCE) – Festival itinerante “LA NOTTE DELLA TARANTA” 2019
Reportage fotografico by Barbara CARICCHI
“PUPE DI PANE – una performance sul pane e le sue storie” – spettacolo teatrale a Palazzo De Gualtieris prodotto dall’ Accademia Mediterranea dell’Attore di LECCE e diretto da Tonio DE NITTO.
Ideato, scritto e interpretato da Angelica Dipace, Benedetta Pati, Giulia Piccinni, Antonella Sabetta e Carmen Ines Tarantino, il pane è al centro di un viaggio che mette in gioco la creatività e la memoria, attraverso una performance sulla sua preparazione e le sue storie.
Intorno a una tavola da lavoro, la mattrabbanca, cinque attrici compiono un rituale dando vita a una tradizione che attraversa dialetti e cucine diversi, quella delle
PUPE DI PANE. Bambole che si modellavano in attesa della Pasqua, in un tempo in cui i bambini non avevano nulla e la fantasia ero lo strumento più potente per inventare giochi e passatempi. Una sorta di talismano contro le disgrazie, ma anche un rito che si rinnovava e raccontava di donne che impastavano per ore la farina e lo vegliavano prima dell’uccata - l’infornata.
PUPA DI CACIOCAVALLO – “IL BOTTEGACCIO” di Mario DADDIEGO a MATERA
Si tratta di un formaggio che, nei primi del 1900, si dava in regalo, come gioco, ai bimbi, in particolare nell’età dello svezzamento.
Questi, attratti dalla forma accattivante, non esitavano a succhiare, masticare e ingerire “la PUPA”, nutrendosi e assumendo così il calcio contenuto nel formaggio.
La PUPA di CACIOCAVALLO risultava molto efficace anche per rinforzare le gengive e alleviarne il prurito nell’età della dentizione, alla stregua dei moderni cerchietti in gomma.
Altro utilizzo era quello di decorare le tavole nei giorni di festa.
Per ottenere la forma a PUPA la pasta filata del CACIOCAVALLO veniva inserita in appositi stampi di legno, intagliati dai pastori con attrezzi di fortuna durante le lunghe giornate passate a far pascolare i loro animali. Questi stampi erano formati da due pezzi che venivano sovrapposti per creare, a tutto tondo, la forma di una donna con il suo lungo vestito.
Simbolo di “femminilità assorta e divina”, la PUPA o “PACCHIANA” riproduceva quelle donne che, all’inizio del secolo scorso, nei giorni di festa indossavano quanto di meglio, di nuovo e di colorato avessero in casa, sovrapponendo persino gli indumenti più disparati.
Al giorno d’oggi più nessuno produce questo curioso formaggio, del quale è possibile acquistare solo riproduzioni in terracotta, recandosi presso il laboratorio artigiano “Il Bottegaccio” di Mario Daddiego a MATERA, geloso custode degli ultimi stampi originali in legno di proprietà della sua famiglia.
PUPE con l'UOVO SODO : tra le più antiche tradizioni del periodo Pasquale di tutto il Sud d'Italia.
CUDDHURA in SALENTO
CUDDURA CU L’OVA (PUPI CON L’UOVO) a PALERMO
PANAREDD a MATERA
CUDDHURA o CUDDURA deriva dal Greco antico (kollura) ed indica in SALENTO il tarallo intrecciato . Prende il nome di "Pace" il pane tradizionale con al centro le uova sode, presente sulle tavole il giorno di Pasqua. La versione di pasta frolla e quindi dolce può avere diversi nomi a seconda dalla forma.
Simbolo della rinascita e dell’abbondanza, si regalava in segno
augurale per essere consumata la domenica Santa.
Finita l’astinenza dei 40 giorni di Quaresima si poteva festeggiare la rinascita di Cristo con dei dolci molto semplici e le uova simbolo a quei tempi di ricchezza.
Le simpatiche forme che prendono il nome di “PUPA" - Bambola e “Caddhuzzu" - Gallo, fatte di pasta frolla e decorate con nastrini colorati, originariamente venivano scambiate tra fidanzati in segno augurale.
CUDDURA CU L’OVA (PUPI CON L’UOVO)
Le PANAREDD - a volte italianizzato in panarelle - sono un grande classico materano del periodo di Pasqua. Con il loro UOVO che troneggia nel mezzo, simbolo di resurrezione cristiana ma anche di fertilità e di ritorno alla vita dopo la stagione invernale dura e triste, facevano felici tutti ma in particolar modo i bambini. Ad essi erano dedicate le forme più belle : alle bambine la PUPA o la gallina, ai maschietti il cavalluccio.
La forma più classica però è il cestino - u panar - che dà appunto il nome a questo dolce biscotto. Si potrebbe infatti tradurre panaredd con "panierino".
“LA BAMBOLA” – canta Patty PRAVO
Tu mi fai girar
Tu mi fai girar
Come fossi una BAMBOLA
Poi mi butti giù
Poi mi butti giù
Come fossi una BAMBOLA
Non ti accorgi quando piango
Quando sono triste e stanca tu
Pensi solo per te
FURGA – “Le più belle BAMBOLE del mondo” dal 1922 !!
SUSANNA SYLVIE SHEILA : le BAMBOLE !!
Luigi Furga & C. è stata una ditta di produzione di giocattoli, soprattutto BAMBOLE, con sede a Canneto sull'Oglio (Mantova), che ha iniziato la sua attività tra il 1870 e il 1875 e ha chiuso nel 1993.
LE MIE BAMBOLE !!
SHEILA la rossa … la preferita !!
LARA LOLA LAURA LISA LUCIA : le MINIBAMBOLE !!
La mitica BARBIE : BAMBOLE da collezione !!
“Una BAMBOLINA che fa NO, NO, NO…”
canta Michel POLNAREFF
É una bambolina che fa no no no,
é così carina ma fa no no no...
e già, un tipo come lei
non l'ho incontrato mai...
E' una bambolina si difende come può
dietro alla vetrina dei suoi no no no...
però imparerà da me
un bacio che cos'é...
BAMBOLE LENCI
LENCI è una società di ceramiche e una fabbrica di BAMBOLE IN PANNO.
Il 23 aprile 1919 Enrico SCAVINI deposita a TORINO il marchio di fabbrica
"LUDUS EST NOBIS CONSTANTER INDUSTRIA" (reg. gen. n°17955),
il cui acronimo è LENCI, per "giocattoli in genere, mobili, arredi e corredi per bambino".
La fabbrica Lenci sarebbe presto divenuta punto di incontro di artisti e fucina di idee per lo sviluppo e la realizzazione di BAMBOLE e PUPAZZI , mobili per bambini, e in seguito anche ceramiche artistiche. In particolare, i primi artisti a prender parte attiva all'impresa LENCI furono Giovanni Riva e Sandro Vacchetti, che realizzarono i modelli delle prime bambole dalle teste in FELTRO elettroformato in appositi stampi.
Le BAMBOLE LENCI non riproducevano soltanto bambini, spesso dal volto imbronciato come il famoso "grugnetto", ma anche figure con costumi regionali o etnici, vestiti alla moda o maschere, e personaggi di fantasia o ispirati a modelli reali, per esempio Rodolfo Valentino e Josephine Baker. Il vastissimo campionario delle bambole spaziava dagli articoli-giocattolo destinati al mondo dell'infanzia alle raffinate bambole boudoir da collezione, alcune delle quali avevano il volto di Marlene Dietrich.
Il grande successo di queste strepitose BAMBOLE IN FELTRO valse numerosi premi alla ditta Lenci durante le varie esposizioni internazionali di Zurigo, Parigi, Roma o Milano a cui prese parte. Tuttavia, l'originalità delle creazioni Lenci fu presto messa alla prova dalle numerose imitazioni e dalla produzione, in Italia e altri Paesi d'Europa, di bambole simili ma di qualità e prezzo inferiori. Per far fronte a questo tipo di concorrenza la Lenci non poté che realizzare idee sempre nuove, come i famosi fiori in feltro Lenci inseriti a campionario nel 1926, e le ceramiche artistiche, la cui produzione iniziò nel 1927.
BAMBOLE DI PORCELLANA (viso, mani e piedi) e
TESSUTI (abiti)
BAMBOLE DI CARTA da vestire
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